LATINA- Quando Aldo Moro, tenendo unita la Dc, sperimentava la prima maggioranza di centrosinistra coi socialisti, Pietro Nenni scrisse che era giunta l’ora di entrare nella “stanza dei bottoni”.
Molto più modestamente qui a Latina fra qualche mese si vota per le elezioni amministrative. C’è la pandemia, l’estate è alle porte. Il Sindaco in carica, al momento, è l’unico candidato sostenuto – oltre che dalla coalizione civica di cui è espressione – dall’intero centrosinistra, con in testa il Partito Democratico.
Certo, è di oggi la conferenza stampa di Antonio Bottoni. Il noto funzionario della Prefettura ha annunciato che una coalizione civica è pronta ad appoggiarlo nella corsa a Sindaco. Vedremo. La domanda che si pongono gli osservatori, ma più in generale i pochi cittadini-elettori appassionati alle cose della politica è la seguente: il centrodestra che farà?
Da quelle parti non vola una mosca. Nessuna candidatura, tantomeno unitaria, è stata ufficializzata. Di programmi, idee per la citta neanche a parlarne. Sarebbe chiedere troppo, di questi tempi.
La destra pontina sembra presentare i sintomi di un virus ancora più insidioso del Covid-19, che potremmo ribattezzare così: “sindrome 2016”.
Cinque anni fa, infatti, lungi dal ricercare una unità che l’avrebbe fatto prevalere al primo turno, il centrodestra si presentò alla città con un numero di liste che non s’erano mai visti neanche al carnevale di Rio. Come dimenticare le legittime, quanto vane, ambizioni dei vari Tripodi, Chiarato, Sovrani i quali dispersero voti portando l’acqua con le orecchie – con scorza di limone aggiunta, direbbe Corrado Guzzanti – a Damiano Coletta?
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum! Si son persi mesi con lo stucchevole dilemma se fosse meglio un sindaco civico o politico, quando per una intera consiliatura si è fatto (malamente) l’opposizione indicando il civismo come l’origine di ogni male. Dunque uno s’aspetterebbe che, fra i consiglieri comunali d’opposizione, il centrodestra arrivasse ad una candidatura politica.
Diventa sempre più insistente, invece, l’ipotesi di un nome esterno. Magari un ex Prefetto, che sia garanzia di legalità e schiena dritta. Sfiduciando, di fatto, l’attuale classe dirigente e politica democraticamente eletta.
C’è, poi, la variabile Zaccheo: se il centrodestra trovasse l’unità sul nome dell’ex Sindaco, la sfida elettorale acquisterebbe un po’ di sapidità. Al contrario, Zac potrebbe esser tentato dalla corsa solitaria e lì per il centrodestra sarebbero dolori.
Come un bizzarro gioco dell’oca, si tornerebbe al punto di partenza. Vale a dire a quella “sindrome 2016” dai sintomi ormai riconoscibili: veti, rancori, divisioni, egoismi personali.
Rebus sic stantibus, altri cinque anni da Sindaco, a Damiano Coletta, non glieli leva nessuno.
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