Scrive il teologo Joseph Ratzinger in un libro che ha illuminato intere vocazioni: “Chiesa e sacramento stanno o cadono insieme; la Chiesa senza sacramenti sarebbe una vuota organizzazione e i sacramenti senza la Chiesa sarebbero riti privi di senso e di intima connessione”.

 

Da qualche mese siamo stati privati dei sacramenti, certo non della Chiesa. A renderlo evidente il comunicato durissimo che la Cei ha diffuso al termine della conferenza stampa di Conte. L’avvocato del popolo, cattolico a suo dire, ha concesso la possibilità di celebrare i funerali con un massimo di quindici persone ma ha insistito nel negare ai fedeli l’essenza del loro Credo. Il fulcro del cattolicesimo, infatti, sta nella testimonianza di un lògos, di una Parola che è data per essere trasmessa. La comunione, il dialogo la re-sponsabilità, dunque, sono elementi che qualificano l’esistenza della Chiesa.

Motivo per cui, in serata, il sempre troppo pacato Cardinale Bassetti (aridatece Ruini!) ha pronunciato il verbo decisivo : “La Chiesa esige di tornare a celebrare con il popolo”.

Una strigliata in grado di far tremare oltre il Tevere. Gli esponenti del Pd si sono affrettati, infatti, a mettere nero su bianco che la voce dei Vescovi va ascoltata. Una sfiducia netta, forse la più pesante, per il Premier che nel portafogli conserva il santino di Padre Pio, a cui immaginiamo si rivolga ogni mattino in ginocchio per rendere grazie del suo paradossale ruolo istituzionale.

L’impressione è che il Governo italiano sia affetto dal virus dei virus: la virologocraxia. Quattrocento e passa esperti, la cui vanità supera quella dei partecipanti a “Uomini e Donne” di Maria De Filippi che pretenderebbero di dare ordini alla Chiesa universale che sta lì, da millenni, sulla strada di Cristo.

Per non parlare degli artigiani, dei commercianti, degli imprenditori piccoli e piccolissimi che certamente non potranno attendere il 1 giugno per sopravvivere. Il virus ,specie in alcune regioni italiane, mostra tendenze più che ottimistiche. La convivenza forzata che dovremo fare insieme con lui durerà almeno un anno, nel corso del quale si spera che gli scienziati lascino perdere la tv e tornino in laboratorio per darci un vaccino.

Fino ad allora il distanziamento, l’amuchina, le mascherine nei luoghi affollati saranno le regole auree per non morire. Nel frattempo, però, non vorrei morissimo di fame e senza un funerale degno di questo nome.

Come canta Guccini, sarebbe una morte un po’ peggiore.

 


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