La luce visibile è una piccola frazione dello spettro elettromagnetico che è costituito da tutte le radiazioni elettromagnetiche aventi natura ondulatoria grazie alla propagazione simultanea nello spazio di un campo elettrico e un campo magnetico oscillanti, perpendicolari tra loro. Lo spettro, infatti, si estende dalle radiazioni o raggi gamma g (caratterizzati da piccola lunghezza d’onda l e da frequenza f elevata a cui corrisponde una notevole energia) alle onde radio (a cui corrisponde un’elevata lunghezza d’onda e una frequenza molto bassa). La luce bianca, come tutte le altre onde dello spettro, si propaga alla velocità della luce c pari a circa 300 mila chilometri al secondo, ed è costituita da un insieme di onde la cui lunghezza d’onda varia da circa 400 nm (colore violetto) a circa 800 nm (colore rosso), a ciascuna delle quali e a ciascuno dei valori intermedi, corrisponde un determinato colore*. Alla radiazione rossa corrisponde una frequenza più bassa e quindi un’elevata lunghezza d’onda (l = 800 nm = 800 nanometri**), mentre alla radiazione violetta corrisponde una frequenza più elevata ed una piccola lunghezza d’onda (l = 400 nm). Tutte le altre radiazioni visibili hanno lunghezze d’onda comprese in questo stretto intervallo. Se si osserva un corpo che emette onde nel visibile, quando questo si allontana da noi si avrà un aumento della lunghezza d’onda ed una corrispondente diminuzione della frequenza con spostamento verso il rosso, mentre se esso si avvicina a noi si avrà un aumento della frequenza, una corrispondente diminuzione della lunghezza d’onda, e si avrà lo spostamento verso il violetto.
Lo stesso fenomeno si può osservare stando fermi in una stazione ferroviaria accanto ai binari: l’altezza del suono emesso da un treno in arrivo diventa sempre più grande, mentre quando si allontana diventa sempre più bassa. Anche quando si sta in mare fermi sulla spiaggia, si vedono le onde arrivare con una certa frequenza; se poi ci si incammina in acqua verso il mare aperto, si incontrano le onde più frequentemente, mentre se si va in senso opposto, cioè verso riva, ovvero nello stesso verso delle onde, la frequenza con cui si incontrano diminuisce.
Grazie a queste osservazioni, il fenomeno che va sotto il nome di Effetto Doppler fu scoperto, nel 1845, dal fisico austriaco Christian Andreas Doppler. Esso dovrebbe essere chiamato più giustamente Effetto Doppler- Fizeau in quanto venne scoperto nel 1848, in un contesto diverso, autonomamente anche dal fisico francese Armand Hippolyte Louis Fizeau. Il fenomeno, come già esemplificato, consiste nella variazione apparente della frequenza (o della lunghezza d’onda) di un’onda percepita da un osservatore, in moto o in quiete, rispetto alla sorgente emittente, in moto o in quiete.
Tale effetto, oggi, è utilizzato in medicina come tecnica non invasiva per rilevare la velocità del flusso sanguigno e anche stenosi vascolare mediante gli ultrasuoni che hanno frequenze superiori (20 kHz) a quelle udibili dall’orecchio umano. Permette di rilevare anche la vascolarizzazione di organi come il fegato o la milza.
Ebbene, nel 1922, il fisico e matematico russo Aleksandr Fridman, risolvendo le equazioni della relatività generale di Einstein, ipotizzò che l’Universo non fosse statico tant’è che, nel 1964, i fisici statunitensi Arno Allan Penzias e Robert Woodrow Wilson scoprirono che la radiazione di fondo dell’Universo, la Cosmic Microwave Background Radiation ( CMBR), cioè la radiazione residua prodotta dalle fasi iniziali dell’Universo (Big Bang), subiva uno spostamento verso il rosso (redshift), cioè un decremento del valore della frequenza. Tenendo conto dell’effetto Doppler, ciò significa che l’Universo sia in espansione ed è una conferma della teoria del Big Bang dedotta dalle equazioni della relatività generale. Già nel 1929 gli astronomi statunitensi Edwin Hubble (1889 – 1953 e Milton Lasell Humason (1891 – 1972) avevano formulato la legge di distanza di redshift delle galassie, da cui derivò appunto la formulazione della citata teoria del Big Bang.
*I parametri caratteristici di un’onda sono la frequenza f e la lunghezza d’onda l, che sono legate dalla relazione l·f = c (velocità della luce), da cui la formula dell’energia E può essere espressa tenendo conto delle due grandezze f ed l: E = h·f = h· c/l (h è la costante di Planck o quanto di azione che indica l’azione quantica minima possibile).
** un nanometro è pari a un miliardesimo di metro 10-9m.
Francesco Giuliano
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