SABAUDIA – Gian Luca Campagna tra narrativa e tango. Come ti presento un romanzo.
Sabato 4 Agosto alle 21 a Sabaudia presentazione col maestro Lo Russo del libro ‘Il profumo dell’ultimo tango’
“Quando mi chiedono dove ho scritto il romanzo ‘Il profumo dell’ultimo tango’ mi riesce facile rispondere lungo la macchia mediterranea dei laghi costieri fino al monte Circeo. Non esiste un posto più incantevole e suggestivo di questo”.
Gian Luca Campagna, scrittore e giornalista di Latina, si gode il momento. Il suo ultimo romanzo sta riscuotendo un lusinghiero successo nelle vendite oltre che di critica, è già pronto un contratto di traduzione in lingua spagnola per la diffusione nella primavera prossima in SudAmerica da parte di una casa editrice argentina ed è anche pronta la produzione per trasformare il romanzo in una pièce teatrale. Intanto, un passo alla volta, la pièce teatrale muove qualche piccolo passo e a Sabaudia, in piazza del Comune, sabato 4 agosto alle 21, andrà in scena una performance col maestro internazionale Marco Lo Russo, grande fisarmonicista.
“E non solo il maestro Lo Russo. Ci saranno anche i tangueros e gli attori che reciteranno qualche stralcio del romanzo. Certo, non sono gli attori della futura pièce, ma grandi amici che danno il loro enorme contributo per una fusione tra i linguaggi artistici per creare la perfezione multidisciplinare. Insomma, un autentico quadro picaresco dagli alti contenuti emotivi. E non poteva essere altrimenti: nel mio romanzo i paradossi, le situazioni grottesche e i personaggi surreali che ho provato a descrivere sono quelli cari alla produzione letteraria sudamericana, da Osvaldo Soriano a Luìs Sepùlveda, sebbene il protagonista Josè Cavalcanti è un omaggio a Manolo Montalbàn e al suo Pepe Carvalho, ma poi ne ‘Il profumo dell’ultimo tango’ c’è anche Jean Claude Izzo e Bruno Morchio perché Baires somiglia a Marsiglia, come a Napoli, Genova e Barcellona: è uno spicchio di mediterraneo in SudAmerica. E sembrerà strano, ma quando sono qui in questo lembo di terra fatata come il Circeo, è facile essere catturati dall’ispirazione letteraria, viaggiando per poi far viaggiare il lettore: solo che tu viaggi a modalità ridotta, da crociera, il lettore invece lo devi ficcare dentro un sidecar, senza cinture di sicurezza e senza casco, a 150 kmh e senza svelargli la destinazione”.
Ecco, siamo a Buenos Aires. Anche alla foce della Boca la gente cerca di ripartire, ma deve fare i conti con la storia, così nel tuo romanzo.
“Il detective Cavalcanti, il protagonista del romanzo, ha la sua bella indagine cui stare dietro: una sua ex fiamma lo incarica di ritrovare il figlio dodicenne scomparso, ma sono spariti alti ragazzini. Cavalcanti capisce presto il fil rouge che li lega, forse scopre anche chi li ha rapiti, ma non sa qual è il destino che attende i ragazzini: perchè sono stati sequestrati? Qual è la fine che li attende? Esiste una legge del contrappasso a scoppio ritardato? Vendetta e perdono sono in conflitto? Un autore può mai essere così cattivo, anche nella fiction?”.
Chi è Cavalcanti?
“E’ l’amico che vorremmo tutti avere, anzi forse l’angelo custode che vorremmo sempre con noi. È volto alla ricerca ontologica in ogni momento, non soltanto quella dei casi che gli affidano, ma anche quella dentro di lui e quella che abbraccia le piccole cose quotidiane, perché la ricerca della verità non si misura in base ai casi. Odia l’ipocrisia e la falsità, un po’ come me, alla fine”.
Perché un romanzo che tratta di desaparecidos e i voli della morte, la feroce giunta militare argentina, le Madres de plaza de Mayo, il perverso rapporto tra calcio e potere, l’indifferenza dei mass media e dei governi occidentali alle torture?
“Perché l’orrore non ha una data di scadenza e il raccontare resta l’unico antidoto all’oblio. Il Nunca Màs/Mai più rappresenta una memoria sempre vigile contro le storture dei governi e delle società. Quando scrivo ho sempre in mente il grande insegnamento di Bertold Brecht: “chi non conosce la verità è un ingenuo, ma chi la conosce e la chiama bugia è un delinquente”. E questo non vale solo per i massimi sistemi, vale anche per le cose di tutti i giorni. È qui che lo scrittore deve trattare il quotidiano come i grandi temi, perchè soltanto così si può migliorare la nostra società, contrastando l’ipocrisia, che resta uno dei mali peggiori”.
Tu sei al terzo romanzo in quattro anni. E la scelta cade sempre sul noir. Perché?
“Ci tengo a sottolineare che è facile cadere nelle sirene del genere noir, che a mio modesto avviso rappresenta la sublimazione del romanzo. L’Edipo Re di Sofocle è un’opera noir, Delitto e castigo di Dostojevski è un noir e potrei continuare all’infinito, ma questo soltanto per far capire che la catalogazione, così come l’omologazione, sono due aspetti per dare ordine alle cose. Il noir rifugge la classificazione, come la vita del resto. E il noir è la vita: Eros e Tanatos si inseguono, si accavallano e si fondono, Bene e Male non sono manichei, albergano nello stesso personaggio, la visione aristotelica della vita lascia spazio alla sintesi hegeliana dopo l’antitesi. La vita come il romanzo si anima di maggiore complessità e si attraversano per riflettersi. È in questo contesto che deve inserirsi l’autore, che deve trasformare l’utile vero e interessante di manzoniana memoria in tre capisaldi sempre presenti nelle proprie produzioni: la fotografia della realtà, senza filtri edulcorati, lo scrittore dovrebbe parlare senza miele sulla lingua, rendendo reale un mondo verosimile, narrare la verità, come diceva Robin Cook lo scrittore ha l’obbligo di sollevare il tappeto dove lo Stato/serva nasconde la merda; e qui ecco di conseguenza il secondo aspetto: permettere al lettore di crearsi una propria coscienza attraverso il racconto della denuncia, uno strumento eccezionale rapportato alla fiction narrativa, che evita non poche rogne ai giornalisti, cassati da querele e minacce; infine ecco l’evasione, non puoi evitare al lettore di divertirsi con un’opera letteraria, creando quelle suggestioni estetiche che lo catturano e lo seducono, lì lo devi portare in un altrove letterario, in un mondo dove vige il patto granitico tra autore e lettore”.

Cavalcanti a Sabaudia ballerà il tango?
“A quello ci penserà il maestro Marco Lo Russo. E farà ballare tutti i presenti. Cavalcanti come al solito vigilerà. È o no l’angelo custode che tutti vorremmo al nostro fianco?”.


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