Gian Lorenzo Bernini: I ritratti

1487

Un nobilissimo e ricchissimo cavaliere di Londra s’accese si fattamente di desiderio di farsi fare il proprio ritratto, che prese risoluzione di pigliare viaggio a posta alla volta di Roma… Vennese dunque a Roma, donò al Cavalier Bernini seimila scudi ed alla patria ne riportò il ritratto.                                                 Filippo Baldinucci

Gian Lorenzo Bernini, figlio e allievo di Pietro, è nato a Napoli nel 1598 e morto a Roma nel 1680. La sua educazione di scultore si svolse sotto gli influssi manieristici del padre.             Il giovane Bernini padrone di una prodigiosa tecnica scultorea, posta al servizio di una fertile immaginazione, seppe dar vita e forma sensibile agli ideali, alle mitologie e alle aspirazioni temporali e spirituali del suo periodo storico e della Roma papale del Seicento, città di splendori e magnificenze.                                                                                                                         La sua creatività eclettica si espresse con successo anche nella ritrattistica. Fu, infatti, un ritrattista di eccezionale immediatezza e sensibilità e soprattutto un interprete insuperato della spiritualità barocca, impregnata di stimoli sensoriali che si ritrovano nel rapimento estatico della giovanile figura di Santa Bibbiena (1626) e nell’Estasi di Santa Teresa d’Avila (1647-1652) nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma.

Il Bernini diede vita ad un nuovo tipo di busto-ritratto, proprio di gusto barocco, e divenne ben presto in questo settore uno degli scultori più affermati e richiesti di tutta Roma. Nel corso della sua lunghissima attività artistica, Gian Lorenzo Bernini ebbe modo di realizzare una serie di busti-ritratti che erano “sospirati”, come dimostra la testimonianza riportata nell’esergo, dai numerosi committenti tra i quali i tre papi con i quali l’artista collaborò in maniera stretta.

Tra i principali ritratti del Bernini si può segnalare il Ritratto di Thomas Baker un marmo di Carrara (1637-1638) Londra, Museo Victoria. Girando intorno al busto e guardandolo dai lati si riesce a percepirne il movimento vaporoso e leggero.                                La testa del personaggio si volge alla destra dello spettatore mentre sotto la cascata del pizzo una mano equilibra la composizione muovendosi in direzione opposta.                        Lo storico dell’arte Tomaso Montanari ha scritto di questo ritratto: «quella mano guantata è un prodigio scultoreo. Viene da rimpiangere il fatto che Bernini non abbia scolpito altri guanti: pare di sentire la consistenza del cuoio, di vederne la lucidità, di avvertire le cuciture, quasi di sentirne l’odore»;                            il Ritratto di Costanza Buonarelli (1636-1638) marmo che si trova al Museo nazionale del Bargello, Firenze. Questo ritratto intimo dell’amante dell’artista, fu un’opera privata che rimase sempre nella casa dello scultore.                                                          La donna, fiorente ragazza romana, consorte d’un allievo di Bernini, è ritratta con la veste aperta sul petto, i capelli scomposti appena trattenuti da una treccia a chignon e uno sguardo mobile, sorpreso e severo allo stesso tempo che accompagna le parole “invisibili” che sembrano uscire dalla bella bocca aperta della giovane donna viva e palpitante.                                                          L’ovale del volto è morbido e regolare, le guance sono piene e sode e la bocca piccola, appena pronunciata. Il naso diritto indica un carattere volitivo, come pure l’espressione degli occhi spalancati. Tutti i dettagli rivelano la relazione confidenziale tra il personaggio scolpito e l’artista e si ricava l’impressione che il busto sia stato eseguito in una situazione di particolare intimità, così da far emergere più adeguatamente il carattere ardente e passionale della donna.

Lo straordinario successo del Bernini ritrattista era dovuto anche alla sua capacità di esprimere valori di contenuto socio-politico. Questo aspetto si manifestò particolarmente utile nella creazione di immagini ufficiali di personaggi importanti come il ritratto di Innocenzo X (1650, marmo, Roma, Palazzo Doria Pamphili), il ritratto di Gabriele Fonseca (1668-1675, marmo, Roma San Lorenzo in Lucina), il busto di Paolo V (Galleria Borghese, Roma) scolpito nel 1618, quando Bernini aveva appena vent’anni, figura statica, immobile, concentrata, contratta in se stessa, e soprattutto il busto di Francesco I d’Este (1650-1651, marmo, Modena, Galleria Estense).

Con quest’ultima opera l’artista affronta per la prima volta il problema del busto tagliato sotto le spalle, brillantemente risolto con l’invenzione di un ampio panneggio mosso e ricco di pieghe, che suggerisce allusivamente la presenza delle braccia coperte.            Dalla corazza emerge un alto collo in pizzo, che rende più rigida e fiera la posa del personaggio. Attraverso i lineamenti il nobile volto esprime una personalità forte e sicura di sé, che si manifesta nella fronte alta e spaziosa, nella linea marcata delle sopracciglia, nel contorno ben delineato delle labbra carnose e nella sporgenza del mento.

Il profilo appuntito del naso e lo sguardo attento testimoniano, inoltre un’intelligenza pronta ed arguta. La fierezza dell’espressione, l’attenzione al dettaglio naturale, come la parrucca con i ricci inanellati, e il ricamo di pizzo della gorgiera (goletta), si fondono in un insieme di grande abilità tecnica e leggerezza nel trattare il materiale.                                                      Il duca di Modena è ritratto col manto che svolazza e schiocca nell’aria tutt’intorno come un lembo di sipario sul palcoscenico. Bernini per l’ambizioso personaggio realizzò non soltanto un semplice ritratto ma la raffigurazione del concetto di maestà e di monarchia assoluta.

Uno dei ritratti più celebri del Bernini fu certamente il Ritratto del cardinale Scipione Borghese (1632, Galleria Borghese, Roma). Il cardinale Scipione, nipote del papa Paolo V, collezionista di opere d’arte e protettore di artisti, è raffigurato frontalmente con indosso l’abito cardinalizio, è rappresentato nell’attimo in cui, racchiudendo le labbra, sta pronunciando delle parole dirette a un interlocutore alla sua destra, direzione verso la quale è volto lo sguardo e leggermente girata la testa.                             Le morbide guance, le sopracciglia aggrottate, l’abito chiuso da piccoli bottoni e il colletto che si piega sono i particolari che accompagnano e sottolineano la vitalità e il prestigio del personaggio, scolpito con quell’aria tra il confidenziale e l’imperioso.  Bernini ha descritto attentamente i lineamenti del volto, la cui rotondità è messa in risalto dalle pieghe abbondanti che compaiono sotto il mento caratterizzato, secondo la moda del tempo, da un pizzetto.                                                                                                                                                  Nell’opera ritrattistica degli ultimi anni del Bernini bisogna includere  anche La Beata Ludovica Albertoni(1671-74), monumento in marmo e diaspro che si trova a Roma nella chiesa di San Francesco a Ripa, Cappella Altieri. La mano sul seno e la mente non si sa dove descrivono uno spasmo delirante, estremo e sinistro, e mostrano il pathos religioso che riporta all’Estasi di Santa Teresa d’Avila.

Nei numerosi ritratti Gian Lorenzo Bernini cercò di infondere un’appassionata vitalità, e le caratteristiche ricorrenti delle sue opere furono il magistrale uso degli effetti di luce e la sapiente regia dell’insieme. La sua straordinaria capacità e bravura scultorea mirava alla comunicazione, alla teatralità e alla persuasione.


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