La Chiesa ha bisogno di narratori, di poeti, di registi capaci di pensare di nuovo la persona di Gesù. (José Tolentino Mendonça)
Nella seconda parte del libro Gesù di Nazaret, scritto con autentica passione, Gerard Lohfink si sofferma su Chi fu Gesù disposto a dare la vita per amore del regno di Dio. I suoi detti, parole e azioni testimoniano che Gesù nella sua vita e storia pubblica, nel predicare il regno di Dio, come regno della misericordia e della bontà divina, non accettò compromessi per essere coerente. Dopo il battesimo presso il Giordano, Gesù fu ripetutamente tentato da satana. Un’azione simbolica essenziale dalla vita fu il celibato, centro della sua persona, scelto per amore del regno di Dio aperto a tutti, poveri e ricchi.
Soffermandosi sulla parabola del tesoro del campo, il cui protagonista è un salariato, e su quello della perla preziosa ritrovata da un mercante, specialista in perle, l’autore mette in risalto il fascino del regno di Dio, prezioso come il pesante tesoro e la perla lucente, che ha un valore incalcolabile. Gesù con la duplice parabola del tesoro e della perla ha raccontato che si è privato del calore della famiglia, del matrimonio, dei figli, della casa, del potere religioso per amore del regno di Dio, per dedicarsi liberamente e completamente, fino alla morte, alla causa di Dio.
Il regno di Dio, che non viene senza persecuzione e sacrificio, è caratterizzato da una pienezza prodigale, da una sovrabbondanza che viene ripetutamente raccontata e vissuta da Gesù nei Vangeli (nelle nozze di Cana e nella miracolosa moltiplicazione dei pani). Tutta l’esistenza di Gesù è dedicata al regno di Dio che non è qualcosa di vago e di nebuloso. L’ingresso trionfale di Gesù nella città di Gerusalemme, come Messia, corrisponde alla sua concezione del regno di Dio, la cui proclamazione avvenne nel tempio della capitale, dove si verificò la cacciata dei mercanti, venditori di colombe, e dei cambiavalute.
Gesù è rimasto fedele fin nella morte al suo lieto messaggio della venuta del regno di Dio e al suo amore per gli uomini, al suo darsi per gli altri. Verso la fine della sua attività pubblica, però, si accorge che Gerusalemme rifiuta il regno di Dio perché lascia uccidere i profeti, esattamente nel momento in cui Dio si dona totalmente in Gesù al suo popolo.
Gesù nell’ultima cena interpreta la propria morte come azione salvifica definitiva di Dio. La sua morte espiatrice fu uno spogliamento totale di sé, una agape, una morte per gli altri. Il messaggio del regno di Dio, proclamato da Gesù, raggiunge nella sua morte la massima profondità. L’ultimo giorno, raccontato dal Vangelo di Marco, è ricostruito con dovizia di dettagli concreti.
L’autore si sofferma sulla angoscia e sulla paura che, di fronte alla morte, assale Gesù nell’orto dei Getsemani, quando viene lasciato solo dai discepoli; descrive la scena dell’improvviso arresto ufficiale da parte del sinedrio, dell’interrogatorio prima davanti a Caifa, in una seduta notturna per l’accusa d’inganno e di corruzione del popolo, e poi davanti a Pilato che, come prefetto di Roma, poteva emanare, secondo il diritto romano, una sentenza di condanna a morte (con la crocifissione) perché sobillatore politico e reo di alto tradimento.
Il racconto prosegue con la flagellazione, la derisione, l’esecuzione capitale, la sepoltura compiuta da Giuseppe d’Arimatea, il sepolcro vuoto, l’attesa della parusia, l’evento della Pentecoste, festa che celebra l’effusione dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa come nuova società.
Tuttavia gli eventi successivi alla morte di Gesù sono ancora parte integrante della sua vita. Dopo la dispersione e fuga in Galilea degli apostoli, solo le donne restano sulla scena, e iniziano, dopo il Venerdì santo, le diverse apparizioni pasquali a Pietro, ai discepoli di Emmaus, in cui fu visto il Risorto. La risurrezione di Gesù fu considerata dai discepoli come introduzione diretta dell’universale risurrezione dei morti alla fine dei tempi, alla fine della storia e del mondo.
Con le apparizioni del Risorto i discepoli di Gesù cominciarono realmente a comprenderlo in profondità, a capire quale autorità rivendicasse nelle sue parole e nelle sue azioni. Più che un carismatico e guaritore, profeta e Messia Gesù rivendica, come titolo onorifico, davanti ai discepoli e poi pubblicamente, di essere «il Figlio dell’uomo», profondamente collegato con il regno di Dio, «che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 10,45). La sua sovranità è basata sul servizio, sulla dedizione fino alla morte, e il suo potere è eterno e non finirà mai.
Gesù nella sua vita ha pregato, ha pianto, si è rattristato, ha sofferto indicibilmente, è stato tentato dal male. Dopo la sua morte i cristiani dissero che egli era un vero Dio e nello stesso tempo vero uomo. La chiesa delle origini, associazione puramente umana, pensando che Gesù è vero uomo e vero Dio, lo ha divinizzato per descrivere la sua straordinaria importanza nell’indicare la via, la vita, la verità. La fede nella divinità di Gesù ha portato a credere che esiste un solo e unico Dio, creatore del cielo e della terra.
Gesù è la parola e l’agire definitivi di Dio; egli è il Signore, in lui Dio si è espresso pienamente proclamando il regno e la sovranità di Dio. Ha parlato e agito come uno che sta al posto di Dio, con potestà sovrana, è vissuto, come Figlio, per il regno di Dio che non è un’utopia ma un futuro già in fase di realizzazione già oggi e precisamente qui. Gesù non descrive un utopico «regno della libertà», ma conduce coloro che lo seguono alla libertà e dice: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24).
La predicazione del regno di Dio da parte di Gesù, mette in moto un dinamismo che inaugura al di là di tutte le utopie una salvezza inarrestabile e crea qualcosa di nuovo. Gesù, tenendo presente la debolezza e la fragilità dell’esistenza degli uomini, ha creduto che nel popolo di Dio tutti possono vicendevolmente aiutarsi, perdonarsi di continuo e indicarsi la via. L’uomo vive in tensione fra il già del regno di Dio e il suo non ancora, tra la grazia e la libertà.
Gesù di Nazaret Cosa volle. Chi fu del teologo Gerhard Lohfink è un acuto saggio imperdibile per chi vuole approfondire la conoscenza di Gesù di Nazareth, non solo dal punto di vista storico, ma anche da quello della fede. Un libro profondo e ispirato, lucido e molto documentato, caratterizzato da un notevole acume storiografico ed esegetico, che contribuisce alla comprensione di Gesù e invita all’approfondimento della sua figura.
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