L’Associazione Giuseppe De Santis organizza un “Ricordo di Lino Capolicchio a un anno dalla scomparsa”.
L’iniziativa – patrocinata dall’Ente Parco Naturale Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi, Comune di Fondi e Banca Popolare di Fondi – rappresenta un’anteprima della XXII edizione del FONDIfilmFESTIVAL – Riviera d’Ulisse, si svolgerà sabato 6 maggio p.v. alle ore 17.30 presso la Sala Carlo Lizzani – Complesso di San Domenico e vedrà la partecipazione di Tiziano Butturini, Attilio Bulla e Francesca Golino Capolicchio. A seguire sarà proiettata la copia restaurata di “Il mondo degli ultimi” (Gian Butturini, 1980), film che vede Capolicchio nel ruolo del protagonista principale.
Attore teatrale e cinematografico, sceneggiatore e regista, docente di recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia, Lino Capolicchio (21/8/1943 – 3/5/2022) è stato uno dei componenti più attivi del Comitato scientifico dell’Associazione Giuseppe De Santis, sempre prodigo di consigli preziosi per le attività associative, alle quali ha preso parte con grande generosità e passione. Lino ha frequentato per cinquant’anni la città di Fondi, conosciuta e amata grazie a De Santis – che lo aveva scelto come protagonista del film girato a Latina “Un apprezzato professionista di sicuro avvenire” (1972) –, e proprio a Fondi scelse di abitare negli ultimi anni.
Presentato di recente al 40° Torino Film Festival in una nuova veste digitalizzata e restaurata a cura della Cineteca Nazionale, il lungometraggio diretto da Gian Butturini (1935-2006) – fotoreporter bresciano di fama internazionale, artista poliedrico della comunicazione e regista di documentari di natura sociale – racconta le lotte contadine tra la bassa bresciana e cremonese nel secondo dopoguerra, gli scioperi nati dalla necessità di opporsi all’uso indiscriminato delle disdette da parte dei grandi agrari. Si raccontano la miseria, le speranze, le sconfitte di una classe sociale sempre umiliata, vi si narrano la resistenza e il coraggio delle donne presenti nelle lotte al fianco di figli, fratelli e mariti, per un futuro che non prevedesse solo licenziamenti senza regole, sfratti e vessazioni.
«Ho deciso di fare questo film – dichiarò il regista – perché esiste pochissimo materiale sulla storia dei movimenti operai e contadini del dopoguerra: è una fase di storia italiana per lo più negata, rimossa. […] Se vogliamo, il film è anche un omaggio alla mia gente. Senza nulla di celebrativo, però: recuperare i valori della civiltà contadina significa anche chiarire la loro natura subalterna. Una sottocultura che andava però modificata, non distrutta come invece è avvenuto. Insomma, io registro un genocidio culturale, ma non faccio assolutamente vedere i contadini buoni, belli e puliti, i contadini erano sporchi, magari anche brutti, erano però vivi, ed è così che li mostro».
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
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