La teologia alternativa di Armido Rizzi
Autore Carmine Di Sante
È un gesto ammirevole di sincera e affettuosa gratitudine dedicare attenzione e studio, omaggio e riconoscimento ad “un maestro di vita” come è stato Armido Rizzi, eminente teologo impegnato per più di quarant’anni nella rilettura radicale della Bibbia, per Carmine Di Sante, autore del libro Dentro la Bibbia. La teologia alternativa di Armido Rizzi (Editori Gabrielli).
Un saggio, colto, erudito, denso di riflessioni teologiche e filosofiche che riassume in 378 pagine il pensiero originale del teologo Rizzi che, nell’odierno panorama della riflessione teologica contemporanea, rappresenta un punto di riferimento molto importante per l’alternativa teologica offerta, attraverso gli strumenti della ermeneutica filosofica, nell’intendere il Dio delle Scritture ebraico-cristiane. Dopo un lungo cammino e un rigoroso impegno di studio e di ricerca biblica pluridecennale, Armido Rizzi, teologo che non si è mai lasciato sedurre dal pensiero corrente, dopo «aver appreso e amato il tomismo», si è distaccato dall’approccio della filosofia greca (in particolare platonica- aristotelica), segnata dal “principio di necessità”, per costruire, attraverso un’ermeneutica, che concettualmente traduce narrazioni e simboli biblici, una teologia alternativa, che vuole essere una teologia altra. Questa proposta, nel leggere e interpretare il testo biblico in modo nuovo, pone al centro l’alleanza gratuita di Dio con l’uomo, chiamato ad aderire al disegno divino di «farsi prossimo all’ “altro”». La teologia alternativa di Armido Rizzi, che ha una rilevanza esistenziale ed epocale, nasce da un instancabile impegno etico che intende dare una risposta alla crisi profonda dell’Occidente che coincide con la morte di Dio e con il tramonto della civiltà platonico-cristiana. È una risposta alle due grandi sfide che l’odierna nostra società, caratterizzata dall’individualismo e dalla globalizzazione, si trova ad affrontare.
La teologia rizziana sollecita, infatti, le religioni all’autocritica e all’autopurificazione perché diventino «maestre di ingerenza umanitaria» utilizzando la ragione etica come «esperienza germinale del divino nel mondo degli uomini».
Nell’introduzione Carmine Di Sante, dichiara apertamente quali obiettivi si prefigge di raggiungere con questo suo encomiabile lavoro di ricostruzione, di indagine e di paziente scavo del pensiero teologico del “maestro” Armido Rizzi, teologo solitario e geniale, che ha influenzato il suo stesso percorso di studio e di ricerca teologica.
Nel presentare l’originalità, la profondità e la bellezza della teologia alternativa di Rizzi, l’autore, in questo incisivo saggio, magistrale per chiarezza espositiva e solidità di argomentazione, parte dalla formazione tomistica del “maestro”, dalla rottura e dall’allontanamento da questa secolare e tradizionale forma di teologia, delinea l’architettura semantica del pensiero rizziano, scandisce i tratti distintivi e costruttivi della teologia alternativa, mostrandone la fecondità e la capacità di dialogare con le grandi sfide del nostro tempo (secolarizzazione e pluralismo religioso), per poter superare la crisi e giungere a un rinnovato pensiero teologico bisognoso di una nuova intelligentia fidei.
Il primo capitolo riguarda la de-ellenizzazione, cioè la liberazione dall’influsso e dal fascino della cultura greca che, dopo le conquiste militari di Alessandro Magno, il macedone, diede vita al fecondo e straordinario fenomeno culturale dell’ellenizzazione del Dio biblico, iniziando così l’unione tra la Bibbia e la filosofia greca. La fede biblica ha subito il processo di ellenizzazione fin dai primi secoli dell’era cristiana.
Rizzi, rispetto all’ellenizzazione, che ha una sua forza seduttiva, per pensare il Dio biblico non con la categoria dell’essere, propone la necessità della de-ellenizzazione soprattutto sul piano filosofico riguardante il pensiero di Aristotele, fatto proprio da Tommaso d’Aquino e dalla Scolastica. Egli fa una lettura critica del tomismo e del logos tomistico-aristotelico e prende le distanze dal pensiero di Tommaso, perché la categoria dell’essere rimuove i tratti costitutivi della narrazione biblica: la libertà di Dio e la libertà dell’uomo come soggetto responsabile davanti a Dio. Libera il Dio biblico dalla cattura del logos greco, della filosofia intesa come sapere umano che intende di accedere a Dio.
Con i suoi scritti più importanti Rizzi cerca, prendendo le distanze dall’impianto metafisico, di ricondurre la spiritualità biblica basandola non tanto sul desiderio umano di Dio (eros), quanto sull’amore divino per l’uomo (agape). Dopo la rottura con il tomismo, la ricerca rizziana, con un nuovo pensiero, inizia la de-ellenizzazione del Dio biblico (cioè la liberazione dal logos greco per un logos biblico espresso narrativamente) e l’elaborazione di una teologia alternativa, basata sull’ascolto fenomenologico della esperienza etica e religiosa e sull’approccio ermeneutico ai testi della tradizione. Quindi dentro la Scrittura il principio portante non è l’identità ma l’alterità, non il divino come necessità, ma come libertà, non la natura-cosmo ma l’alleanza-patto (intesa come reciprocità tra Dio e uomo).
La de-ellenizzazione costituisce la pars destruens del compito della teologia alternativa, mentre la pars costruens è capire chi è Dio e chi è l’uomo nella Bibbia, quell’uomo che deve impegnarsi a pensare dentro la Bibbia, e come dice lo stesso Rizzi, a «ritrovare la struttura di pensiero che inabita le Scritture e le definisce».
Rizzi, con l’aiuto del pensiero di Rudolf Bultmann, ripensa e riformula la concezione del mito fondante d’Israele, della Bibbia, al centro del quale sta l’alleanza tra Dio e l’uomo, suo interlocutore, collaboratore e partner. Il mito, come storia vera, va interpretato per coglierne la verità che esso veicola. Pertanto iò demitizzare porta a chiarire il vero significato del mistero di Dio di cui la fede si interessa soprattutto per come Dio agisce sugli uomini.
Il mito biblico, o il racconto di fondazione della Bibbia, che avviene in maniera originale dentro la storia (intesa come storicità), è l’Esodo caratterizzato dall’alleanza sinaitica, dal patto che Dio, in piena libertà e assoluta gratuità, stringe con il popolo di Israele, gruppo umano sfruttato e sottomesso dal potere dei faraoni d’Egitto. Per Rizzi il cuore vero del racconto esodico è la volontà e la libertà sacrificale di Dio di donarsi con amore in piena libertà all’uomo che dovrà obbedire alla Legge (dell’amore) prima di capire, e dovrà amare Dio «con tutto il cuore, con tutta la sua anima e con tutte le forze».
Il dato innovativo della teologia rizziana è la lettura dell’evento di Cristo all’interno dell’alleanza del Sinai, tra Dio e l’uomo, integrata dal dono del perdono (inteso come la cellula della rigenerazione del mondo) e la redenzione del peccato; Gesù, quindi, è instauratore della nuova ed eterna alleanza, della nuova relazione tra Dio e l’umanità, che dovrà obbedire a Dio e amare il prossimo. La morte di Gesù è un atto di libera accettazione della volontà di Dio, di obbedienza a Dio e di amore per l’uomo.
Nell’elaborare la teologia alternativa Rizzi, attraverso la riflessione fenomenologico-ermeneutica dei vari testi, mette in risalto che il linguaggio del mito fondante d’Israele è narrativo e che la Bibbia adopera un duttile linguaggio simbolico che fa riferimento sia all’antropomorfismo e quindi al linguaggio del corpo (Dio come “occhio”, “orecchio”, “bocca”, “braccio” “mano”…), sia al linguaggio antropopatico dei sentimenti umani dell’amore legato all’alleanza (che perdona e si riconcilia), della gelosia e dell’ira e soprattutto della misericordia e grazia, della benevolenza e fedeltà, della fiducia e amicizia, della tenerezza e compassione. La teologia alternativa di Rizzi, attraverso il linguaggio originario antropomorfico e antropopatico, si basa sull’idea di «un Dio soggetto invece che un Dio oggetto, di un Dio persona invece che un Dio forza e di un Dio per l’uomo invece che un Dio in sé». Per lui il Dio oggetto non abita le pagine della Bibbia, il Dio biblico non è interessato a sé ma all’altro da sé in quanto è interamente rivolto alla storia dell’uomo. Il primo tratto della soggettività di Dio è la sua libertà che trascende dalla necessità e la creazione del mondo, che va letta alla luce dell’alleanza tra Dio e l’uomo, è il primo grande atto della libertà divina. Anche aver chiamato l’uomo (a sua immagine) come suo partner è una libera scelta e decisione di Dio, come anche perdonare l’uomo per le sue trasgressioni attraverso l’incarnazione, la morte e la risurrezione di Gesù, suo Figlio.
La libertà di Dio è libertà per il bene inteso come volontà di relazione d’amore, di alleanza con l’uomo che dovrà responsabilmente ispirare il suo agire all’agire di Dio, «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). L’uomo è libero e responsabile di fronte al dono della Legge di un Dio etico che è amore che chiede in maniera imperativa (come necessità etica) obbedienza e consenso nell’amare il prossimo gratuitamente. Dio ama l’uomo affidandolo alla sollecitudine dell’altro uomo. Nella Bibbia vi è identificazione tra amore e giustizia e l’asse portante della giustizia apre l’uomo simultaneamente a Dio e agli altri uomini, ovvero ad amare il prossimo gratuitamente.
L’uomo si trova davanti a Dio, al suo amore donato liberamente e gratuitamente come è dimostrato dal racconto della “lavanda dei piedi”, gesto di servizio che va imitato e ripetuto dall’uomo per l’altro, per il diverso da sé, per accoglierlo e per prendersi cura di lui. L’essere umano, in quanto destinatario dell’amore di Dio, è “carne”, “povertà” radicale, strutturale, debolezza, fragilità e precarietà, essere-di-bisogno, costitutivamente insicuro e bisognoso di avere e di essere. L’uomo di fronte a Dio è chiamato ad essere responsabile, ad amare Dio con tutto il cuore, ad aderire totalmente alla sua volontà. E l’uomo in piena libertà e responsabilità può rispondere nel suo cuore, con la coscienza morale, (del bene e del male) all’alleanza divina positivamente o in maniera negativa.
’uomo ha avuto in dono da Dio la libertà che non è fine a se stessa, ma è obbedienza, è la condizione interna della vocazione al bene che può essere responsabilmente rifiutata dall’uomo nella sua libera scelta di vita (tra il bene e il male, tra la vita e la morte).
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