Dante padre della lingua italiana

36

La Commedia è la cattedrale della nostra lingua e di questa cattedrale Dante è il primo e il più importane costruttore.                                                                               Claudia Arletti

 Dante è considerato unanimemente dagli studiosi ed estimatori il padre della lingua italiana. Secondo il linguista Tullio De Mauro, infatti, il 60% del vocabolario fondamentale dell’italiano di oggi si trova nella Divina Commedia.

In questo grande serbatoio linguistico del capolavoro dantesco, alcune parole hanno sempre mantenuto lo stesso significato, mentre altre lo hanno parzialmente modificato e altre ancora lo hanno cambiato abbastanza nettamente. Locuzioni, motti, latinismi, neologismi creati da Dante, fanno in gran misura ancora parte del nostro patrimonio linguistico.

Il riconoscimento all’arte di Dante non può prescindere dal mettere in risalto il suo genio nella poesia attraverso la lingua volgare che ai suoi  tempi ebbe una portata rivoluzionaria. Ha scritto Pier Paolo Pasolini: «Dante ha adoperato tutte le parole possibili di una lingua comunale, diversa per ogni strato sociale e buona per gli usi più diversi: familiari, commerciali, burocratici, letterari, teologici, politici. Una lingua orale e scritta»

Dante è stato definito «padre della nostra lingua». Ha meritatamente questo appellativo perché con la sua opera ha fatto sì che uno dei volgari italiani acquisisse un tale prestigio, spiccasse su tutti gli altri, ponendo così il primo pilastro per l

Dante con il volgare fiorentino ha scritto un capolavoro, la Divina Commedia, e la lingua usata da Dante, pur aperta a numerosi influssi, è una lingua fiorentina. Dopo che lui ha scritto questa straordinaria opera, il fiorentino è balzato in avanti, si è messo in luce e ha assunto un ruolo egemonico in Italia. Ancora oggi Dante viene citato in film, canzoni, libri, videogiochi, nel linguaggio comune e persino nei tatuaggi.

 Come mai, molti si chiedono, la lingua adoperata da Dante nella Divina Commedia è così potente dopo secoli? Certamente per la sua capacità di infrangere le barriere sociali e culturali e questo, non solo oggi, è successo anche nei secoli passati. Evidentemente la Commedia ha una forza impressiva dovuta non solo al suo contenuto ma anche alla lingua che è capace di rendere il contenuto così particolare ed esaltante.

Il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, ha scritto che «la Commedia è un libro universale che coniuga gli aspetti più concreti e spiccioli della vita quotidiana con la dimensione del trascendente e dell’eterno».

La lingua adoperata nella Commedia è il volgare fiorentino (non quello municipale o plebeo tranne in pochissimi casi), arricchito da alcune vocaboli derivati dalle lingue straniere, da diversi latinismi e da alcune parole inventate da Dante stesso.

Il poeta non si fece scrupolo di usare dialettismi fiorentini, toscani e di altre regioni d’Italia: la  vastità e varietà della materia non consentiva l’attuazione di un ideale di lingua concepito per una

Alla fortuna popolare innegabilmente ha contribuito molto la prima cantica, l’Inferno, perché c’è la carnalità, c’è la vita reale bella e brutta, o che è sempre stata qualcosa che ha appassionato le masse. Nell’Inferno Dante mette la cronaca nera dell’epoca, di cui anche oggi molta gente è appassionata. La carica dirompente dell’Inferno ha dato un contributo decisivo a questa capacità di parlare a tutti.

Dante nel suo poema ha riprodotto con maestria e spiccata bravura insieme la vita linguistica del popolo e dei dotti. In questa impresa il poeta toscano ci è riuscito tendendo al massimo le sue risorse linguistiche. Molte parole di uso comune, quotidiano come “mesto”, “molesto” “scialbo sono espressioni e parole inventate da Dante.

Il tasso di neologismi e di significati metaforici è presente in tutta l’opera letteraria e si moltiplica soprattutto nella terza cantica, nel Paradiso. In particolare si moltiplica anche il tasso dei latinismi che sono un altro grande ingrediente della lingua paradisiaca, cioè parole che Dante riprende dalla lingua per eccellenza della cultura del suo tempo: il latino. Tanti dei latinismi che Dante usa nella Divina Commedia erano già in circolazione, però ce ne sono anche tanti altri che Dante introduce per primo nell’italiano. Lui li riprende e li mette nel poema; la concentrazione delle voci latine

Tutto ciò accade perché ai tempi di Dante la grammatica si riferiva al latino; la prima grammatica del volgare sarebbe arrivata solo un secolo dopo. Dante costruì la lingua del suo poema con grande consapevolezza e libertà: quella libertà che nel Cinquecento avrebbe portato a Bembo a escluderlo dal canone linguistico preferendogli Petrarca e Boccaccio. Ma lo stesso Petrarca, in una lettera a Boccaccio, aveva attribuito a Dante «il primato nell’eloquenza volgare».

A “padre” Dante, dopo sette secoli dalla sua morte, dobbiamo un debito smisurato per la lingua sempre viva che abbiamo ereditato e che ancora  oggi parliamo e che le nuove generazioni continueranno a parlare.

.

 

 

 

 

 

La lingua Il linguaggio


News-24.it è una testata giornalistica indipendente che non riceve alcun finanziamento pubblico. Se ti piace il nostro lavoro e vuoi aiutarci nella nostra missione puoi offrici un caffè facendo una donazione, te ne saremo estremamente grati.