ROMA – Nello scorso mese di giugno la Commissione Europea ha dato inizio al percorso legislativo di adozione di Horizon Europe, il prossimo programma quadro di ricerca ed innovazione per il settennato 2021-2027, successore di Horizon 2020. Un percorso, sì, idealmente pianificato, e tuttavia talmente irto di potenziali ostacoli, che ne rendono la tempistica di definizione ed approvazione assai incerta. Basti pensare come non può esistere Horizon Europe senza un accordo sul bilancio pluriennale complessivo e non può esserci accordo sul bilancio senza il consenso di ogni Stato membro dell’Unione.
In questo scenario di grande incertezza permane uno stato di malessere del nostro Paese, che non riesce ad essere performante nella competizione per i finanziamenti stanziati dall’Unione Europea per la ricerca scientifica e tecnologica, con un bilancio entrate/uscite troppo in rosso da troppi anni: si può fermare il declino e invertire la tendenza negativa?
Se passasse la proposta per Horizon Europe avanzata da varie comunità scientifiche, in cui si rivendica un robusto aumento della quota dedicata alla ricerca, l’Italia ne sarebbe ulteriormente penalizzata, senza che vi siano soluzioni efficaci in tempi brevi. Se anche il Governo decidesse un incremento sostanzioso della nostra (bassa) spesa in ricerca e aumentasse considerevolmente il numero (basso) dei nostri ricercatori – queste sono le due ragioni cui vengono attribuite di solito le nostre scarse prestazioni – questo non produrrebbe certo effetti tangibili nell’arco di pochi anni, perchè non andrebbe a incidere sulle cause strutturali che sono alla base del nostro ritardo.
Non è possibile tollerare ancora una situazione simile.
È chiaro che una revisione approfondita del rapporto Italia – Unione Europea s’impone anche in questo settore, ma un nuovo approccio al problema potrà aver successo solo se la classe politica non verrà lasciata sola ad affrontare questo non facile compito, che richiede anche un cambiamento radicale della grammatica culturale della comunità scientifica italiana.
Per questa ed altre finalità è nata recentemente l’Associazione degli Scienziati e Tecnologi per la Ricerca Italiana (ASTRI), che si propone di promuovere studi, convegni ed altri contributi utili alla legislazione e alla regolamentazione d’interesse per scienza, ricerca e sviluppo tecnologico, e di fornire al sistema politico-parlamentare ogni supporto utile ad orientare correttamente le politiche scientifiche del Paese. Non solo, ma si propone anche come struttura in grado di svolgere in proprio attività di ricerca e formazione, essendo formata da professionisti operanti presso Enti dove la Ricerca scientifica e tecnologica è istituzionale.
Programma
Saluto introduttivo: on. Diego Sozzani
Modera: Diego Righini
Intervengono:
Sergio Bartalucci (INFN Frascati – Presidente ASTRI): Presentazione dell’associazione ASTRI ed introduzione al tema :“Scienza e Tecnologia: che cosa ha fatto l’Europa?”
Pierangelo Sardi (SIPSiVi senior researcher – Direttivo ASTRI): “Divergenza di interessi fra la ricerca italiana e quella europea”
Emilia Costa (Sapienza Univ. di Roma – Direttivo ASTRI): “La complessità della Ricerca in Europa”
Emanuel Croce (ENEA Frascati – Direttivo ASTRI): “Bilancio UE, Horizon 2020, e start-up innovative”
Paolo Bonifazi (ex-INAF – Socio ASTRI): “Perché istituire anche in Italia un’Agenzia Nazionale della Ricerca e dell’Innovazione”
Massimo Sepielli (ENEA Casaccia – Direttivo ASTRI): “Confronto fra le policy energetiche in Europa e in Italia: a ognuno il suo mix”
Pietro Agostini (ENEA Brasimone – Socio ASTRI): “Proposte per valorizzare il patrimonio di conoscenze nucleari nel contesto italiano”
Interverranno: sen. Maurizio Gasparri, on. Giuseppe Basini et altri esponenti del mondo politico-parlamentare
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