LIVORNO – “Un orrore più che un errore, perché se si può sbagliare e scrivere Fratelli Gambari, non si può certo dire che fossero pisani”, così commenta Marcello Paffetti, imprenditore livornese e presidente dell’Associazione Culturale Il Pentagono, il “refuso” scovato e prontamente corretto sui documenti del Comune di Livorno riguardo la costruzione delle scuole Micheli. L’attività della Fonderia Fratelli Gambaro a Livorno è storica, l’opera più conosciuta è senza dubbio la copertura del Mercato delle Vettovaglie, un lavoro composto da elementi in ferro e vetro prefabbricati e decorati con fregi e successivamente portati al cantiere e messi in opera.
“Il Mercato, costruito in muratura su progetto dell’architetto Angiolo Badaloni – sottolinea Paffetti – presenta la copertura che ha un carattere modernissimo e rimane uno dei monumenti più importanti e significativi di Livorno, con gli ingressi sul livello dei fossi dei magazzini che permettevano alle merci di entrare dai canali dove venivano trasportate. Il mercato è anche dotato, e non tutti lo sanno, degli scalandroni come le cantine e di locali chiusi al piano superiore per poter ospitare il ghiaccio e le merci deperibili”. Le prime notizie della Fonderia Gambaro risalgono alla metà dell’800. Provenienti dalla Liguria, i Gambaro iniziarono con la fabbricazione di piccoli oggetti d’arredamento, poi l’officina cresce, partecipa alle mostre di Firenze e di Torino e grazie ai moderni macchinari inizia il successo. “I Fratelli Gambaro hanno costruito nel corso di 80 anni tutto ciò che c’è di bello a Livorno in ferro – continua Paffetti – è il periodo storico della Rivoluzione Industriale e dell’Expo di Parigi con la Tour Eiffel. In questi anni l’architettura degli ingegneri fa coincidere estetica e funzione e utilizzando il ferro si ottengono risultati ammirevoli. La copertura del Mercato è un capolavoro, per non parlare di cancellate, cancelli, porte e fontane. Sono firmate Fratelli Gambaro le cancellate dell’Accademia Navale, quelle del Famedio di Montenero con motivi tutti diversi a seconda di chi vi era sepolto al suo interno e la sua professione e la serra di Villa Maurogordato a Monterotondo”.
La sede dell’officina era sita in via delle Cateratte, i dipendenti erano circa una ventina e il ferro veniva importato dall’Isola d’Elba. L’architetto capo del Comune di Livorno Angiolo Badaloni sposò una delle componenti della famiglia Gambaro, Argentina. Questo fatto fu significativo perché diede vita a un sodalizio che creò parecchie opere cittadine: “Probabilmente all’epoca il conflitto d’interessi non esisteva ancora – sorride Paffetti – parlando di Badaloni vorrei sottolineare che questo grande della storia di Livorno sia purtroppo un po’ dimenticato come è abbandonata la sua tomba al Cimitero della Cigna”. La Ditta Fratelli Gambaro inizierà il suo periodo di decadenza dopo gli anni 20 del 900 e sarà venduta nel 33 ad un’altra azienda che però fallirà.
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