Bruno Tamiozzo, un fotografo di Latina eccellenza in campo internazionale.

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Abbiamo il piacere di conoscere Bruno Tamiozzo, fotografo professionista impegnato nel settore del Reportage Internazionale a sfondo sociale, docente di fotografia per vari enti pubblici e privati.
La sua affermazione professionale è testimoniata dai numerosi riconoscimenti, ricevuti in vari Paesi, tra i quali sono annoverati alcuni tra i più ambiti concorsi al mondo:
Vincitore del “PX3, Prix de la Photographie Paris” nella sezione Press/Feature Story – Francia nel 2014
Il Px3 è stato creato dai fondatori di International Photography Awards nel 2008, ad oggi è uno dei più importanti Concorsi fotografici al livello europeo.
Terzo classificato nell’ “IPA – International Photography Award” – U.S.A. nel 2014_ Sezione Editorial, General news. Il Concorso annuale International Photography Awards rappresenta una delle competizioni più ambiziose e complete nel mondo della fotografia odierna.
I seguenti due premi sono stati vinti con il reportage sul tema Agbogbloshie, un suburbio della città africana di Accra, capitale del Ghana. La località è nota per la presenza di un sito che la grande discarica di rifiuti elettronici e tecnologici, in cui convergono materiali provenienti da paesi dell’occidente sviluppato.
Menzione d’onore nel “Moscow Foto Awards” – Moscow (Russia) nel 2014
Menzione in due “World Press Photo Awards“ nel 2007 e nel 2015.
Il Premio World Press Photo è uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito del Fotogiornalismo. Ogni anno, una giuria indipendente formata da esperti internazionali, è chiamata a esprimersi su migliaia di domande di partecipazione provenienti da tutto il mondo, inviate alla World Press Photo Foundation di Amsterdam da fotogiornalisti, agenzie, quotidiani e riviste.
L’arte dello scatto lo acquisisce seguendo un percorso di educazione all’occhio prediligendo studi artistici, la passione lo conduce a Roma dove si diploma con lode in Scenografia presso l’accademia di Belle Arti, e sempre nella città eterna completa il suo percorso di studi conseguendo il Master in Fotogiornalismo all’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata.
Da qui inizia a tracciare la sua carriera di fotoreporter lavorando con testate nazionali quali “Corriere della Sera”, “Il Messaggero”, “Il Tempo”, “La Gazzetta dello Sport”, ed internazionali del calibro di “Volare”, “Xtreme”, “Revolt”, “Fotografare”, “Rolling Stones”, “Rock Star”; non è un caso che compaiano i nomi di due magazines musicali memorabili, due mondi diversi quello fotografico e quello musicale, ma per lui sono comunicanti. Bruno canta e suona la chitarra fin da bambino, la musica rappresenta una fonte inesauribile di energia, uno sfondo sonoro che accompagna ogni suo viaggio alla ricerca di storie da raccontare per immagini, analizzando profili umani in determinate cornici ambientali.
L’ impegno nell’ambito della cooperazione sociale è testimoniato dalle collaborazioni sviluppate con diverse associazioni umanitarie quali “Operation Smile”, “Fondazione Rava” e Mother & Child Foundation; in particolare nel 2011 trascorre un periodo nella casa famiglia di Mother and Child a Thodupuzha in Kerala, vivendo con i duecento bambini residenti nella struttura, seguendo le attività svolte dalla fondazione e dalle ragazze madri accolte presso l’abitazione collettiva. Dall’interno documenta fotograficamente la vita quotidiana svolta dalle persone legate alla casa famiglia , realizzando progetti fotografici che hanno aiutato a garantire il recupero di fondi per il mantenimento della struttura.
Viaggiare è una condizione necessaria per indagare i fenomeni della società umana, i rapporti tra l’individuo e il gruppo sociale; lo strumento di analisi di cui si serve Bruno è la macchina fotografica per documentare scenari umani eterogenei; il mezzo prescelto è la motocicletta, per non avere interferenze sul proprio cono ottico e percorrere ogni chilometro per iniziare a delineare l’itinerario visivo-introspettivo della storia, la storia che trae origine dal percorso mentale maturato nutrendosi di ogni fotogramma sensoriale che si deposita nell’inconscio, e che tramite l’arte della fotografia può restituire una mappa visiva allo spettatore, il quale sarà in grado di orientarsi in questa storia descritta per immagini.
Gli scatti del Nostro fotografo carpiscono l’attimo, sono puro istinto, si nutrono del caso. Ma non sono mai lasciati al caso. Nel luogo prescelto per le fotografie di viaggio Bruno rimane anche alcune ore prima di realizzare un singolo scatto. L’arte fotografica non è mai pilotata, le sue foto sono istintive, nascono di getto, ciò è dovuto anche alla scelta di ottiche mirate: 28mm e 50mm, lenti che obbligano a calarsi nel contesto socio-culturale, vivendolo direttamente interagendo con le persone che lo aiutano così a documentare la realtà circostante. La fotografia di reportage è la narrazione di un tema attraverso delle istantanee che raccontano una storia e per fornirci le linee guida, Bruno, deve farne parte di quella storia, vivendo quello specifico ambiente.

Dal 2011 Bruno Tamiozzo realizza numerosi reportages e diari di viaggio in India, un insieme di scatti e di appunti che documentano in modo diretto il viaggio intrapreso e l’aspetto socio-culturale di quel vasto territorio. Tra i lavori più noti esposti in varie gallerie e mostre nazionali vanno menzionati:
Fishermen che documenta la vita quotidiana dei pescatori nel distretto di Kollam, dove l’intera economia della comunità si basa sulla pesca.
Kerala’s Treasure: le più antiche arti marziali del mondo, tra cui il Kalaripayattu, da cui i monaci Shaolin hanno generato il Kung Fu.
Kathakali: una delle arti teatrali più antiche del mondo, legata alle tradizioni e alla cultura
della filosofia Hindu, arte che si esprime solo attraverso il movimento del corpo e degli occhi; a regnare sulla scena è il silenzio degli attori che si affidano alla mimica esaltata da un trucco spettacolare, ricavato da materiali naturali come bacche, erbe e terra.
Mudiyettu: arte che unisce e tramanda la cultura Hindu legata alla lotta tra bene e male, impersonati rispettivamente da Kali e da Darika , attraverso l’ unione di danza, musica e recitazione in un rituale che richiama a sé interi villaggi, pronti a partecipare per la purificazione e benedizione della propria anima.
Bricks Factory in Kerala è una finestra sul lavoro estenuante di intere famiglie all’ interno delle fabbriche di mattoni nella regione del Kerala, dove le condizioni di vita sono ai limiti della sopravvivenza.
Tra il 2013 ed il 2014, per cinque mesi, Bruno è l’unico fotografo civile embedeed a bordo della “Portaerei Cavour”, ammiraglia della Marina Militare Italiana, dove realizza una serie di reportages circumnavigando l’intera penisola arabica e toccando i maggiori stati africani; da questi lavori emergono dei ritratti e momenti di vita quotidiana delle persone incontrate durante questa particolare missione umanitaria.
La tendenza nel ritratto è l’adozione della posa frontale, ripristinando la forma arcaica della ritrattistica di genere, che obbliga lo spettatore a guardare dritto negli occhi il soggetto, innescando il contatto diretto senza riferimenti esterni, ma mostrando solo l’evidenza, ossia l’esistenza di quella sola persona con cui abbiamo lo scambio; è qui il conferimento della dignità alla persona ritratta, mettendo entrambi i soggetti sullo stesso piano, il piano dell’osservazione simultanea, lo sguardo.
Il progetto “A.PA.I” (Africa, Penisola Arabica, India), porta alla luce un discorso umano e sociale, lontano solo geograficamente, ma molto vicino al paese Italiano per questioni politico-sociali-economiche; basti pensare al numero di rifugiati che in questi anni attraversano il Mediterraneo per giungere sulle coste italiane dall’esteso territorio africano. I rapporti con l’Arabia Saudita, che rappresenta la Mecca dell’export italiano, a cui forniamo gruppi elettrogeni a supporto dei macchinari necessari al boom delle costruzioni.
La fotografia di Bruno Tamiozzo ci regala attimi di vita giornaliera delle diverse popolazioni incontrate negli anni e nei luoghi fotografati, spesso indagando su particolari condizioni di disagio economico e sociale, ma ritraendo le persone sempre con la massima dignità, dove l’evidenza dello scatto autentifica l’esistenza delle persone in tali contesti.

« Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative.
Ciascun volto è simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto.
È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per sé stessi. »
(Tahar Ben Jelloun)


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