E” un momento triste per il mondo del basket italiano. Ci ha lasciato questa mattina John Fultz, a 73 anni. Non stava bene da qualche tempo:a giugno un incidente gli aveva provocato un trauma cranico che non lo pose subito in pericolo di vita ma dal quale non si era più ripreso davvero. Impossibile non pensare a lui – detto Kociss – il grande giocatore americano che ha incantato il pubblico di Ignis Varese e Virtus Bologna, con presenze anche in Svizzera, Austria, Portogallo grazie ai suoi tiri da fuori con mano vellutata. Al termine della stagione 1971-72 è risultato il miglior marcatore del campionato italiano con 655 punti realizzati con la maglia bianconera della Virtu Bologna. John è arrivato a Latina durante la stagione sportiva 1979-80 per allenare la Sicma Sud – in serie B – presieduta dal vulcanico Renato Mocellin, mecenate in tante discipline sportive. Fu il direttore tecnico Luciano Marinelli a leggere sulla rivista Superbasket che John era intenzionato a intraprendere la carriera di coach. Si recò immediatamente a Bologna e lo convinse a trasferirsi con la moglie in Agro Pontino. Una regola assurda gli impediva di sedere in panca, il ruolo di head coach ufficiale con presenza in panchina fu assegnato al Renato Sabatino che accettò di buon grado come sempre. A Latina Fultz si trovò a meraviglia, la mattina andava puntualmente in palestra per fare pesi, conobbe tante persone che lo stimavano grazie al suo carattere schietto e genuino. Il richiamo del parquet, nel ruolo di giocatore, era però troppo forte per Fultz che l’anno dopo firmò un contratto con lo Sporting Lisbona nel massimo campionato portoghese. Il popolare personaggio era ben noto per i capelli lunghi tenuti insieme con una fascia che assieme ai tratti somatici della faccia gli valsero il soprannome Kociss. John nella vita lavorativa si è distinto come insegnante di inglese, ha allenato tante formazioni, specialmente in Campania. Aveva, il buon Fultz, un rimpianto. Dichiarò a viso aperto qualche anno fa: “Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che ho anche allenato per parecchi anni, arrivando fino a dirigere il Latina Sicma Sud in serie B. Sono stato sottovalutato come giocatore, ma come coach ancora di più. Sicuramente è anche colpa mia: per fare l’allenatore in Italia bisogna essere dei politici e io non lo sono mai stato. Forse questo dipende dal fatto che in Italia in basket è nato nelle parrocchie e il coach è spesso, alla fin dei conti, quasi come un prete. Io invece mi ispiro al modo di allenare che ho visto nella mia gioventù, dove l’allenatore, una volta finita la partita, andava a fare bisboccia assieme ai tifosi.” Il figlio Robert – classe 1982 – ha giocatore nel ruolo di play in importanti squadre italiane in A1 e A2.
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