Esaminando attentamente i miei pensieri trascorsi mi sono ricordato che, qualche tempo fa, feci la riflessione che il sole durante il giorno non si può guardare, ma che c’è un momento del giorno in cui è possibile farlo: è quello del tramonto (ci sarebbe anche quello dell’alba che molto spesso non si usa per la posizione della dimora e per l’ora in cui essa accade). Allora, usando ciò come metafora, sono pervenuto al risultato che, per indagare su di noi o per comprendere gli altri o analizzare la realtà, sia necessario trovare non solo il momento giusto ma anche lo strumento. Questo strumento è la Cultura, associata all’autonomia individuale, che essa conferisce nel prendere decisioni o pervenire a certe argomentazioni. Una di queste, che può sembrare banale, è quella che riguarda la nostra vita, il cui percorso è unidirezionale e in un sol verso, cioè che essa inizia con la nascita e si completa con la morte senza alcuna possibilità di poter ritornare indietro. Un’altra argomentazione riguarda certi processi intellettivi che ci portano a particolari percorsi inconsapevoli come quelli chiamati “Strani Anelli” da D. R. Hofstadter (1945), professore presso l’Indiana University, nel voluminoso e originale saggio “Gödel, Escher, Bach: Un’Eterna Ghirlanda Brillante” (Adelphi edizioni, 1984): «la mente e il cervello sono come il software e l’hardware di un computer che si trovano a gestire una Gerarchia Aggrovigliata di vari livelli non gerarchici, in cui ogni livello può modificare le regole degli altri attraverso un meccanismo molto complesso. Siamo immessi in un sistema di regole che determinano certe decisioni che a loro volta modificano le regole venendosi a creare uno Strano Anello, nel senso di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza. In uno Strano Anello, che si trova in un sistema di Gerarchie Aggrovigliate, c’è un conflitto tra finito e infinito, come il paradosso di Epimenide o paradosso del mentitore: Tutti i cretesi sono mentitori. Il filosofo Epimenide (VI sec. a.C.), essendo cretese, avrebbe dovuto, come tutti i cretesi, essere un mentitore, e quindi l’affermazione è falsa perché pronunciata da un mentitore». Il matematico Kurt Gödel (1906 – 1978), non potendo dimostrare questa affermazione, elaborò i suoi teoremi noti come teoremi di incompletezza (1930). Ebbene, D. R. Hofstadter, partendo da ciò, ha aggrovigliato le conclusioni del matematico austriaco con le incisioni – Nastro di Mobius, Cascata, Salita e discesa, ecc. – di Maurits Cornelis Escher (1898 – 1972), cesellatore e grafico olandese e con quelle del musicista tedesco Escher Johann Sebastian Bach (1685 – 1750) secondo cui le diverse voci nelle composizioni si dovevano comportare al pari di “persone che conversino insieme come se si trovassero in eletta compagnia”. Gödel, Escher e Bach, in sostanza, sono i tre fili del discorso intrecciato sapientemente in questo saggio, che diventò subito un best seller vincendo il Premio Pulitzer nel 1980. In esso emerge, infatti, la ricerca di un filo comune, di un meccanismo neurologico latente, che si manifesta tra la mente, il cervello e i computer, e che unisce le opere dell’uomo appartenenti a settori della vita che formalmente sono ritenuti diversi tra di essi, come i teoremi di incompletezza di Gödel, la grafica paradossale di Escher e il sistema delle tonalità musicali in Bach, cioè come la logica, la manualità artistica e l’elaborazione di una composizione musicale oscillante tra finito e infinito.
Una concezione questa che dimostra che la Cultura non può essere divisa in compartimenti se non per opportunità. E che il cervello umano funziona allo stesso modo sia quando cerca di risolvere un quesito matematico oppure crea un brano musicale o dipinge un’opera pittorica. In ogni caso è la genialità che guida la mano esperta nella grande varietà espressiva in cui l’uomo esplicita la sua creatività. Di questo libro il redattore della rivista Scientific American Martin Gardner (1914 – 2010), matematico statunitense, scrisse “Ogni due o tre decenni un autore ignoto produce un libro di tale profondità, chiarezza, vastità, acume, bellezza e originalità che subito esso viene riconosciuto come un avvenimento di prima importanza: Gödel, Escher, Bach è un’opera di tal genere … La struttura di questo libro è satura di complicato contrappunto non meno di una composizione di Bach o dell’Ulisse di Joyce”. Dinanzi a questo libro, che è uno dei tanti, oggi ci si trova nelle stesse condizioni in cui si è trovato l’asino di Buridano (Buridano, filosofo francese del XIV secolo) che “sceglie di non scegliere”. Il filosofo austriaco Karl Popper (1902 – 1994) nel saggio Il pensiero essenziale (Armando editore, 1998) riporta, appunto, il paradosso dell’asino di Buridano: Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d’acqua, ma non c’è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall’altra. Perciò, resta fermo e muore. Un paradosso così famoso tant’è che lo cita anche Dante Alighieri nel IV canto del Paradiso: Intra due cibi, distanti e moventi/ d’un modo, prima si morria di fame,/ che liber’omo l’un recasse ai denti;… . Un paradosso che è una metafora per gli esseri umani che hanno fame di Cultura, la quale è presente ovunque, ma scelgono di non scegliere come l’asino e, quindi, cessano di vivere prima di morire.
Ma, a differenza dell’asino, gli esseri umani non riescono a scegliere perché la scuola così com’è strutturata e programmata non gli dà i mezzi per farlo. La metodologia didattica, infatti, piuttosto che trasmettere in genere informazioni, dovrebbe predisporre le condizioni per la scoperta autonoma dei concetti necessari per riflettere e per elaborare le spiegazioni di quanto osservato, ricollocando così le discipline nel loro naturale contesto anziché presentarle come insiemi di fatti acquisiti solo da memorizzare. Nel metodo catechetico o dogmatico, infatti, si insinua il peggior male della scuola, in quanto nessuno si pone domande, abituato a prendere ogni informazione come oro colato, e supinamente accetta tutto ciò che dall’alto gli viene “insegnato”. Il dogma diventa certezza indiscutibile. Gli appunti dell’insegnante diventano contenuti sacrosanti e inconfutabili. Nel metodo socratico, opposto al precedente, c’è invece tutta la metodologia del filosofo Socrate che, ritenendo di non possedere alcun sapere (sofia), ma di avere solo amore per il sapere (filo-sofia), utilizzava un metodo di ricerca per scoprirlo, non cessando di interrogarsi, di criticare e di avversare le consuetudini, i preconcetti, le opinioni diffuse e condivise, ma mai verificate. Costituì questo metodo il primo tentativo di mettere in atto il metodo scientifico, che si oppone per sua natura all’autorità costituita che, a sua volta, impedisce e rende vana ogni ricerca.
Nei miei romanzi e in alcuni miei articoli ho esplicitato la convinzione che l’unificazione della Cultura – conosciuta come Terza cultura (Third culture) -, suddivisa erroneamente in umanistica e scientifica, sta alla base del processo intellettivo che permette ad ogni individuo di indagare continuamente sulla realtà mettendo in crisi la presunzione che taluni hanno di possedere la verità. Ci troviamo nel ricercare la verità immersi in uno Strano Anello nel perenne conflitto tra ciò che sappiamo – il finito – e ciò che non conosciamo – l’infinito.
Francesco Giuliano
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