Anna Eugenia Morini

Sarà la calura, sarà la delusione, sarà che ci avevano puntato molto, ma la non riapertura del teatro sta creando un dibattito rovente, anche tra i politicamente affini.
Basta leggere i molti post di oggi sull’argomento e la raccolta firme ipotizzata da LBC da inviare al Sindaco, Prefetto e Comandante dei Vigili del Fuoco, perchè si faccia chiarezza (su che cosa?) e il teatro riapra al più presto. Il disaccordo si allarga a macchia d’olio, i toni si alzano e le distanze politiche riaffiorano. Questo perchè in molti rivendicano, in molti fanno illazioni e in molti chiamano alle adunate pubbliche.

Anna Eugenia Morini, professoressa di italiano e latino in un liceo di questa città ha fatto un’analisi intelligente, logica, pacata e condivisa da molti .

Teatro o non teatro, questa città non è affatto povera di contenuti e di contributi culturali, mi dice: “Le associazioni che considero luoghi di formazione umana, affettiva, prima ancora che culturale, sono il Centro Studi Angelo Tomassini e il Centro donna Lilith”.

La Morini si considera fortunata, molto fortunata, anche per un altro aspetto. Da insegnante ha avuto modo di lavorare e conoscere due persone colte e molto intelligenti, che hanno lasciato in lei e in tante altre persone, un segno profondo. Sono i due Dirigenti scolastici, Floriana Giancotti e Giorgio Maulucci. “Enormi entrambi. Con loro ho vissuto davvero una grande scuola di militanza culturale e civile”, sottolinea.

Lei, che nasce grecista, si occupa di teatro da molto tempo: “Ho iniziato a Roma come assistente alla regia e traduzioni di testi di teatro greco per l’associazione Teatro di Frontiera. Anni fa ho dato vita con Paola Salvezza, a Corde, un teatro sotterraneo che aveva animato la città catturando l’attenzione di artisti di livello nazionale. Lo scorso inverno, con Stefano Furlan, Clemente Pernarella e Alessandro Marascia ho ideato un laboratorio di formazione per il pubblico cittadino. Gratuito e di grande successo. Il laboratorio si chiama Effetti Collaterali…. una meraviglia” sottolinea.

L’esperienza teatrale, anche di un certo rilievo, di Anna Eugenia, dimostra quindi che al di là delle reazioni furenti, si può fare teatro anche senza il teatro.

E su facebook spiega come:

“Da qualche giorno leggo alcuni interventi in merito, la cui sintesi approssimativa, per la quale mi scuso, potrebbe essere: l’attuale amministrazione si è impegnata oltremodo per rendere agibile la struttura del teatro cittadino, investendo tempo e energie, economiche e intellettuali, ma i Vigili del Fuoco evidenziano l’assenza di alcune certificazioni essenziali per rendere nuovamente operativo l’edificio.

Segue il dramma in due atti: comunicati sarcastici da parte di chi ci amministra e ci rappresenta in Consiglio Comunale (contro i Vigili del Fuoco?) e una petizione, promossa dal movimento LBC, ovvero da esponenti della maggioranza, che recita: “Vogliamo la riapertura del Teatro”.

Mi chiedo a questo punto chi non la voglia: una petizione assoluta. Comprendo la delusione, la rabbia, derivata anche dal valore simbolico rappresentato dalla riapertura del Teatro: obiettivo primario di un’amministrazione che considera la Cultura un fattore vitale per la comunità.

Tuttavia sono rimasta interdetta per i toni con cui la notizia è stata divulgata, allusivi alla volontà ostruzionista di vecchi poteri. Toni condivisibili se provenienti da cittadini e cittadine che attendono e sperano nella riapertura del Teatro, ma che siano le donne e gli uomini che amministrano da anni la città a usare termini che riconducono al campo semantico del “complotto” lo trovo, sinceramente, destabilizzante.

In primo luogo perché ci mostra un’amministrazione debole e almeno in parte succube di un nemico invisibile, in secondo luogo perché l’ostacolo, di fatto, è rappresentato dalla necessità di una certificazione che attesti in modo incontrovertibile il buono stato di salute dell’edificio, in parole semplici legalità e sicurezza.

Leggo che il Teatro ha operato per anni senza alcuna certificazione, in condizioni, sembrerebbe, di sfacciata illegalità. Non stento a crederlo, in una città come la nostra, ma l’operato del Sindaco e degli assessori, che ha invertito, sicuramente con fatica, questa tendenza illecita, individuando regole e protocolli trasparenti, (non ho alcun dubbio su questo: respiro finalmente la legalità, che si traduce in pari opportunità per tutti e tutte). non può che continuare a percorrere questa strada, anche nel rispetto degli organi di sicurezza.

E allora, in nome di questa trasparenza, perché non accettare quanto rilevato dai Vigili del Fuoco, spiegando alla comunità che agire nel lecito necessità di tempi più lunghi?

Perché evocare un complotto segreto, diffondere il sospetto, creare un nemico?

Attendo da anni che il volto e l’operato di questo “nemico” sia palesato in modo più chiaro da chi muove accuse.

La frettolosa formula “precedenti amministrazioni” non può bastare, non più. In assenza di altri elementi vorrei evidenziare una critica e un desiderio, del tutto personali, ma che mi auguro possano contribuire ad attivare pensieri:

critico con forza, da sempre, il linguaggio che costruisce consenso sulla paura o sul sospetto, che sprona all’agire sotto una bandiera e contro un’altra, che non cerca le ragioni dell’altro e procede, consapevolmente, nel diffondere indignazione. Abbiamo imparato, spero, che l’aggregazione derivata dalla rabbia è forte solo in superficie, effimera, incosciente e non longeva. Invito pertanto chi amministra a vario titolo questa città a cercare altre formule per comunicare con noi, meno retoriche, meno ostili, anche in vista di un imminente futuro in cui io sicuramente, ma non sono sola, tremo al pensiero di un ritorno del “Prima”.

Desidero con altrettanta forza un solido edificio culturale che non abbia bisogno di mura, ma di contenuti e quando desidero questo so di poter contare su tante, tante energie, sensibilità cittadine. Da decenni (sigh!) mi dedico al volontariato culturale e ho incontrato donne e uomini straordinari in questo territorio, capaci di operare senza teatri, spazi, risorse materiali, colmando vuoti, combattendo draghi.

E ora vogliamo farci intimorire dall’assenza di due certificati? Rischiare cadute di stile perché ci mancano mura e palazzi? E per di più in un momento in cui tutto l’universo culturale abbandona i luoghi chiusi per scongiurare un male oscuro tutto reale? Costruiamo un “Teatro” prima ancora del Teatro, armonizziamo le voci differenti della comunità, diffondiamo nei parchi e sotto cieli stellati una cultura vera, non narcisista, mutevole, viva, concreta, fatta di noi, da noi.


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