Nerazzurri al microscopio. Alberto Pizzi di momenti sportivi ne ha vissuti tanti, da giocatore, allenatore e spettatore. Nato a Parma nel 1945, è originario di Gramignazzo, nella fornace dei suoi nonni sono stati preparati – ai primi del 900  – i mattoni per costruire, dopo il crollo, il nuovo campanile di San Marco a Venezia, arrivati in laguna su trasporto fluviale. Se li osservate e toccate sono perfettamente conservati. Gramignazzo è una ridente frazione di Sissa Trecasali, a pochi passi dal Po, il grande fiume della Bassa. Pizzi coltiva tante passioni. Ama e conserva gelosamente i libri del suo conterraneo Giovannino Guareschi. E’ amico di Beppe Gualazzini – giornalista e scrittore – autore di una ricca biografia di Guareschi pubblicata dalla casa editrice De Agostini. Peppone e Don Camillo li ha conosciuti bene durante l’infanzia, un’epoca irripetibile che ha ispirato libri e film che non tramontano mai. Vive a Latina con Parma nel cuore, ricordando spesso con affetto genuino Mauro Zardi, un suo compagno d’infanzia deceduto prematuramente. E’ stato questo il fattore predominante che ci ha unito negli anni, io conoscevo Zardi come istruttore di minibasket, un collega preparato e passionale.

Alberto è un pontino di adozione, essendo arrivato in città nel 1967, anche se ha conservato l’accento emiliano e non disdegna di parlare il dialetto delle sue parti. Il primo derby con il Frosinone lo ha giocato nel 1968 in serie D, il 7 gennaio 1968, con risultato 0 a 0. Pizzi ha cominciato a giocare a Brescia all’età di 14 anni, con la maglia del collegio La Salle, per poi passare a Bisceglie, Bari, Latina e Cassino, per concludere la carriera a Latina con il tecnico fiorentino Meucci, tanti risultati di prestigio grazie al suo modo di stare in campo. A Cassino gode ancora di grande popolarità, mantiene contatti con i vecchi compagni di squadra e dirigenti.

Un grande e prestigioso successo contro i ciociari del Frosinone il Latina, guidato in panchina dal trainer Pizzi, lo ha ottenuto in Coppa Italia nel settembre del 1988 battendo al Francioni i canarini per due reti a zero, con reti di Cavezzi e Caso, arrivato dalla Lazio. L’anno successivo, sempre in Coppa, i nerazzurri si aggiudicarono il derby 2 a 0, con realizzazioni di Pepe e Parlato. Nel 1993, Alberto tornò ad allenare il Latina che vinse a Frosinone, dopo ben 33 anni, grazie a un gol provvidenziale di Monti.

“I nostri derby con il Frosinone sono sempre stati molto accesi – ricorda Pizzi – vista la rivalità esistente tra le due tifoserie ma finiva tutto lì, sono rimasto molto amico con Brunello, Vacca, Salvatici, Del Sette, Fumagalli, una cosa bellissima che tengo a sottolineare”. La ricostruzione storica è la narrazione degli avvenimenti di rilievo nella vita sociale del club nerazzurro che si è caratterizzato per la potenzialità di favorire l’aggregazione e la ricerca di un’identità collettiva. Alberto Pizzi si è subito bene inserito nella comunità cittadina, ha aperto un’agenzia di assicurazioni, allenato diverse squadre di prestigio, tra cui la Turris. Il settore giovanile del Campobasso è stato il suo fiore all’occhiello per molti anni, con viaggi continui tra Lazio e Molise. Gli ultimi allenamenti li ha dedicati ai giovani della scuola calcio del Nuovo Latina, nel quartiere Isonzo, in tanti a prendere lezioni al campo polivalente. Tra gli hobby il buon Alberto preferisce la caccia, non manca mai agli appuntamenti con i suoi amici più cari nelle trasferte nei paesi dell’Est Europa alla ricerca di selvaggina. Pizzi stato è presidente provinciale dell’Associazione allenatori di calcio della provincia di Latina per molti anni, ora guidata da Gennaro Ciaramella.

“Il football occupa un posto di primo piano nella vita dei latinensi – prosegue Alberto -, rappresenta il patrimonio culturale, umano e sportivo degli uomini che, di generazione in generazione, sono stati protagonisti della storia del pallone, recuperando la memoria di un mondo in gran parte sommerso”.

Uno spaccato di vita cittadina che ha assunto una valenza sociale interessante, considerando il ruolo della squadra di calcio, al di là dell’ambito agonistico, quale emblema della ricostruzione nel dopoguerra e possibile simbolo d’identità collettiva, di unione delle nuove popolazioni di diversa origine.

Le vicende della compagine calcistica, rispecchiano più o meno fedelmente i cambiamenti della realtà socio-economica nel territorio che subiva notevoli mutamenti negli anni sessanta e settanta, ridisegnando la sua struttura produttiva e trovandosi di fronte a inevitabili scompensi, colpa della rapida e accentrata urbanizzazione ed accelerazione dei processi socio-economici, trainando la squadra di calcio e trasferendole la medesima volontà di crescere e arrivare a sfiorare la serie A.

PAOLO IANNUCCELLI


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