Alberto Moravia

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Vita di Moravia                                                                                                       Dentro di me non sono un razionalista, sono una persona che soffre di angosce,          di irrealtà, di senso del vuoto.

Vita di Moravia (Bompiani editore) è una autobiografia in forma di intervista, uscita postuma nel 1990. Alberto Moravia, sollecitato dall’incalzare delle domande del giornalista Alan Elkann, ha raccontato con ricchezza di particolari i momenti più importanti della sua vita, ha dipanato il filo della memoria, rievocando le principali vicende della sua biografia di letterato, di narratore, di scrittore di opere teatrali, di critico cinematografico, di saggista e giornalista sempre attento alla realtà che lo ha circondato. Lo scrittore romano è stato un protagonista in prima fila della vita letteraria italiana del Novecento, un testimone e cronista del suo tempo attraverso le varie forme espressive: dal romanzo al teatro, dalla saggistica alla critica cinematografica e al giornalismo.

Alberto Moravia (pseudonimo di Alberto Pincherle) è nato il 28 novembre a Roma nel 1907, in una casa di fronte a Villa Borghese, da una agita famiglia ebraico-borghese, dove suo padre, architetto e pittore, era un ebreo conservatore, un personaggio tipicamente sveviano e sua madre cattolica, una donna elegante ed energica, ambiziosa e scontenta, che «tendeva alla novità», voleva che il figlio diventasse diplomatico perché le pareva una professione prestigiosa. La madre lo ha sempre spinto a viaggiare e ad allargare le sue esperienze perché era ambiziosa per lui.

Moravia ebbe una infanzia assai difficile che trascorse insieme alle due sorelle, Adriana ed Elena e suo fratello Gastone (ucciso in guerra). Gravemente malato all’età di nove anni di tubercolosi ossea, è stato più volte ricoverato in case di cura; in particolare ha trascorso due anni nel sanatorio Codivilla di Cortina d’Ampezzo e spesso, vivendo in alberghi di montagna, fu costretto all’immobilità. Ciò gli impedì di compiere studi regolari ma favorì la sua insaziabile curiosità di lettore di classici e di grandi narratori.

Era morbosamente timido e solitario. Da bambino era serio e molto sensibile. Ha sofferto oltre che di dolori anche di desiderio di vita, di solitudine e di mancanza di compagnia. In una intervista rilasciata a Daria Maraini sulla sua infanzia ha dichiarato che «Parlavo da solo, giocavo da solo, ero sempre solo … Vivevo sempre in casa, a letto… Ho visto Piazza Colonna per la prima volta a quattordici anni … Allora vivevo attraverso i sensi». È stato malato psicologicamente per molti anni dopo la guarigione.

Ha scritto Alberto Arbasino in Ritratti italiani che «Da ragazzo Moravia era seccante e antipatico. Raccontava un famoso clinico che quando loro erano giovani andavano a prendere le due sorelle maggiori per qualche thé dansant, e la mamma De Marsanich li accoglieva amabilmente, e il giovane autore degli Indifferenti si divertiva a tagliare e a cucire le loro maniche e tasche in anticamera. Nella sua età di mezzo era dispettoso e prepotente. Quanti dissapori. Me ne ha fatto di tutti i colori».

Alberto Moravia aveva un carattere spigoloso e dolce e nello stesso tempo brusco, poco comunicativo e delicato. La lunga malattia ho ha reso triste. Ha scritto Elkann «Poteva essere di un candore e di una ingenuità disarmanti come di una intelligenza felina».        La sua formazione culturale, incentrata sul grande romanzo ottocentesco, in particolare di Fëdor Dostoevskij e sul pensiero di Karl Marx e di Sigmund Freud, si è continuamente arricchita di nuove suggestioni culturali grazie a un’incessante disponibilità conoscitiva, alla sua geniale capacità immaginativa e alla sua inesauribile curiosità e vitalità.

Durante la sua vita, ricca di avventure intellettuali, ha avuto sempre l’ambizione di scrivere; ogni mattina leggeva giornali e libri, scriveva articoli e recensioni con metodo e pazienza, frequentava salotti letterari. Da ragazzo andava al cinema, a vedere fino a due film al giorno. Il cinema era la sua arte preferita, dopo la letteratura e la pittura. Il cinema e la pittura hanno avuto una grande influenza sulla sua narrativa perché – come ha spesso dichiarato – «viveva molto attraverso gli occhi».

Come critico cinematografico dell’Espresso ha scritto circa duemila articoli e dai suoi romanzi sono stati ricavati almeno venti film. Alcuni libri di Moravia hanno avuto, infatti, trasposizioni cinematografiche tra le quali sono da ricordare La ciociara di Vittorio De Sica (1960), Il disprezzo di Jean-Luc Godard (1963), Gli indifferenti di Francesco Maselli e Il conformista, il capolavoro di Bernardo Bertolucci (1970).

Nelle diverse stagioni della vita ha avuto numerose esperienze di viaggio in Europa, in Polonia, a Praga, a Londra, ad Atene, a Zurigo, per intervistare, per l’Europeo, Carl Gustav Jung, in Olanda, in Russia (invitato dall’Unione scrittori russi), a Parigi, in Ucraina, in Siberia, nel Caucaso, in Turchia, in Iran (con Elsa Morante), in Egitto, a Cuba e nell’estremo Oriente (India con Pasolini, Mongolia, Hong Kong, Cina, Corea, Giappone), in Africa (con Dacia Maraini e Piero Paolo Pasolini), il continente più primitivo e selvaggio della terra. È stato un viaggiatore che non temeva i disagi e le difficoltà. Ha effettuato diversi viaggi legati soprattutto a svolgere l’attività giornalistica. È andato più volte in America, a New York, dove conobbe Prezzolini, uno degli uomini più austeri che ha conosciuto nella sua vita, che gli fece fare tre conferenze alla Columbia University sul romanzo italiano, e in Cina con i soldi del padre.

Come narratore suo ideale letterario era fondere la tecnica teatrale con quella narrativa, un po’ come Dostoevskij con il quale si identificava. I suoi racconti erano scritti con una prosa densa e folta, quasi magmatica. Moravia ha sempre mirato a creare personaggi e situazioni rielaborati creativamente dal fondo storico-sociale di provenienza. Con il suo stile diretto e piano, che tendeva alla semplicità, alla semplificazione e rifuggiva da qualsiasi tentazione decorativa, ha raccontato, in maniera cruda e acre, i vizi, gli inganni, gli imbrogli, le viltà, le irrequietezze, le ambizioni, le insoddisfazioni di una borghesia alienata, in crisi.

Il sesso principalmente è stato lo strumento di indagine che ha segnato il punto di crisi delle convenzioni, delle relazioni confuse, della degradazione morale, della debolezza della volontà dei suoi personaggi borghesi. La parte migliore di Moravia romanziere sta propria nella sua capacità di raccontare una società borghese grigia e scettica, paurosa e conformista, vuota moralmente.

La figura di Moravia, eccellente e prolifico narratore del Novecento, si è imposta nella cultura italiana ed europea non solo con i romanzi e racconti, anche attraverso una intensa attività di giornalista e di inviato speciale per il Corriere della Sera, di collaboratore del settimanale Il mondo di Mario Pannunzio e di direttore della rivista letteraria Nuovi Argomenti, da lui fondata nel 1953 insieme ad Alberto Carocci. La sua attività pubblicistica, in cui ha dimostrato di essere un “maestro”, si è concretizzata in resoconti di viaggi fatti in diverse parti del mondo e tradotti in libri come Viaggio in URSS (1958), Viaggio in India (1962), La rivoluzione culturale in Cina (1967), Passeggiate africane (1987).

Artista di valore, uomo libero, che ha espresso sempre con coraggio le sue idee, è morto nella sua casa di Roma, il 26 settembre 1990.


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