Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ha ribadito che “ha diritto a suicidarsi anche chi non è attaccato alle macchine” avendo accompagnato, in Svizzera, Elena, una donna veneta di 69 anni, sposata, malata terminale di cancro, che ha chiesto assistenza per praticare il suicidio assistito. Cappato si è autodenunciato alle autorità competenti rischiando fino a 12 anni di carcere.
In un caso simile, quello del Dj Fabo – era il 2019 – Cappato fu assolto dalla Corte Costituzionale che emise la sentenza, secondo la quale esiste il diritto al suicidio medicalmente assistito di una persona malata, che ne faccia richiesta, nel caso che coesistano quattro condizioni essenziali (capacità di intendere e di volere e di decidere liberamente e consapevolmente; patologia irreversibile con sofferenze intollerabili; trattamenti di sostegno vitale per sopravvivere; tali condizioni e modalità di esecuzione sottoposte a verifica del SSN).
Quel che sfiducia e rattrista il cittadino progressista, in un Paese come l’Italia che si dichiara democratico, è soprattutto il fatto che la politica si è dimostrata latitante pur avendo come supporto una sentenza della Corte costituzionale che gli suggerisce ciò che deve fare. Non è forse questo un fatto, uno dei tanti, che fa allontanare il cittadino dalla politica e lo fa astenere dal voto? Ciò fa capire che i politici non tengono conto delle richieste dei cittadini per onnipotenza, per incuranza, per mancanza di rispetto del cittadino che rappresentano o per inquietudine personale. Il filosofo greco Platone, (V – IV secolo a.C.) nel Protagora, sostiene che “la città non potrebbe esistere se solo pochi possedessero rispetto e giustizia, che sono i principi ordinatori della città e legami produttori di amicizia”. Dove sta allora il rispetto se le promesse fatte vengono disattese? Secondo il filosofo Norberto Bobbio (1909 – 2004) l’attività del politico è sottoposta a vincoli di natura etica orientati al rispetto della volontà delle persone che egli rappresenta, distinguendo l’etica della convinzione dall’etica della responsabilità, che è anche la differenza fra etica individuale e etica di gruppo, tra le quali non c’è coincidenza. Se l’attività del politico non arreca rispetto e giustizia non osserva neppure l’articolo 3 della Costituzione italiana secondo cui: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Allora le richieste fatte spesso portano il cittadino a trasgredire la legge perché essa intacca profondamente la sua libertà di coscienza. L’obiezione di coscienza è il diniego di rispettare una legge dello Stato ritenuta iniqua, in quanto in contrasto con un’altra legge fondamentale dell’uomo, così come viene dettata dalla coscienza. Il primo esempio di obiezione di coscienza, che mette in risalto l’antitesi tra il dovere umano imposto dalla legge degli dèi, e quindi derivante dalla coscienza, e il dovere imposto dalla legge degli uomini, fu descritto saggiamente e sagacemente dal tragediografo greco Sofocle (V secolo a.C.) nella tragedia “Antigone” (che in greco antico significa nata contro). Antigone è la donna che esplicita, per prima nella storia, l’obiezione di coscienza contro l’ordinamento giuridico della città di Tebe, di cui è sovrano lo zio Creonte. Costui, infatti, impedisce con un proclama la sepoltura in città di Polinice, fratello di Antigone, reo di tradimento. Antigone recupera il corpo del fratello abbandonato al di fuori le mura e lo porta dentro la città dove lo seppellisce, ma paga con la morte questa sua disubbidienza. Creonte, infatti, non ascolta lo sfogo di Antigone che, ispirata dalla sua coscienza, gli risponde: A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dike, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove. Creonte, anzi, manifesta l’arroganza e l’onnipotenza che il potere gli conferisce, ma quando si accorge di avere commesso un grave errore è troppo tardi: Antigone si è suicidata impiccandosi, la stessa sorte tocca al figlio Emone, fidanzato di Antigone, e anche alla moglie Euridice.
Creonte allora è un perdente. Il potere ne ha logorato la coscienza, ne ha distrutto il senso dell’umanità.
Sofocle, infatti, in questa tragedia descrive l’atto di Antigone, che realizza la sua libertà di coscienza, soprattutto perché la coscienza non può essere gestita, essendo un’entità irrefrenabile che esprime pienamente la legge morale che è dentro ciascuno di noi, come rievoca il filosofo Immanuel Kant. La libertà di coscienza è contenuta nell’idea di libertà che possiede chiunque commetta un’azione autonomamente avulsa da ogni impedimento esterno o imposizione. Dopo circa 24 secoli “la legge degli uomini è stata equiparata alla legge degli dei” tant’è che l’art. 10 – Libertà di pensiero, di coscienza e di religione – della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea sancisce che ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. … E anche la Consulta ha dichiarato che, in base alla Costituzione italiana, “la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all’uomo come singolo, ai sensi dell’art. 2”, il quale stabilisce che La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Ma pur essendo la legge scritta, la politica, che gestisce il potere, la trascura, non la perfeziona, mancando di rispetto al cittadino e ledendone la coscienza.
Sofocle, tuttavia, al tempo stesso mette in risalto il fatto che chi detiene il potere, come Creonte, pur perseguendo talvolta un giusto obiettivo ma in modo sbagliato (non tenendo conto del rispetto della persona e della sua coscienza), paga tragicamente, si autodistrugge. Allora se viene meno il rispetto non potrà esserci giustizia, e se non ci sarà giustizia non ci sarà uguaglianza né libertà. E il popolo non potrà esercitare quella sovranità che la democrazia sancita dalla Carta costituzionale invece gli conferisce eleggendo i suoi rappresentanti.
Francesco Giuliano
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