L’Illuminismo e gli albori della Chimica: un excursus storico

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L’Illuminismo è la corrente filosofica che affonda le sue radici nei circoli libertini del XVII secolo e che propende verso la ricerca della libertà di pensiero per affrancare l’uomo dall’ignoranza, dal pregiudizio e dalla schiavitù. Esso ha caratterizzato il XVIII secolo – detto appunto dei Lumi – e gli inizi del successivo, ed ha definitivamente aperto le porte a quel progresso scientifico e, di conseguenza, a quello tecnologico che oggi tutti possiamo toccare con mano senza ombra di dubbio alcuna. Buona parte di tale progresso lo dobbiamo alla Chimica e, per questo, è bene citare alcuni dei più grandi scienziati senza i quali avremmo ancora i primordi di questa scienza relegati all’alchimia.

Antoine-Laurent de Lavoisier (1743 – 1794) è stato membro dell’Accademia francese delle Scienze. Considerato il padre della Chimica moderna, nel 1789 pubblicò il Traité Élémentaire de Chimie, nel quale enunciò il Principio di conservazione della massa relativo alle trasformazioni chimiche. Morì prematuramente. Accusato, infatti, per vari crimini ingiustamente da Jean-Paul Marat, a cui qualche anno prima aveva negato l’accesso all’Accademia delle Scienze, Lavoisier venne ghigliottinato nel 1794, all’età di 51 anni.

Degno di nota è senza dubbio il chimico piemontese, aristocratico di Como, Alessandro Giuseppe Antonio Anastasio Volta (1745-1827) che inventò la pila (1800), sistema che trasforma l’energia chimica in energia elettrica, con il quale fu possibile scindere le sostanze composte negli elementi che costituiscono queste, quando ancora non si conoscevano gli elettroni e quindi non si aveva la più remota idea di cosa fosse l’elettrochimica.

La pila di Volta era costituita da una serie di dischetti alternati di rame e di zinco, separati da dischetti sottili di feltro imbevuti di acido o di una soluzione salina. Si consideri l’importanza di questa invenzione che nell’arco di due secoli ha subito una serie di modifiche e innovazioni tali da renderla indispensabile per il funzionamento di molti strumenti, oggi indispensabili, come computer, orologi, torce elettriche, per citare quelli più comuni.

Un altro chimico, il nobile torinese Lorenzo Romano Amedeo Carlo Avogadro (1776–1856), nel 1811, basandosi sulla Legge dei volumi (1808) del chimico francese Joseph Louis GayLussac (1778 – 1850), formulò la legge che porta il suo nome: Volumi uguali di gas diversi, che si trovano nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole. Questa legge non venne immediatamente compresa dai chimici di quel tempo a causa del fatto che non era stato definito il corretto significato dei due concetti fondamentali della Chimica: quello di atomo e quello di molecola. Diversi chimici usavano, infatti, l’uno o l’altro termine per indicare la stessa entità e questo generava, ovviamente, grande confusione. Fu merito dell’ancora giovane chimico palermitano Stanislao Cannizzaro (1826-1910) che, circa cinquant’anni dopo, esattamente nel 1860, a quattro anni della morte di Avogadro, al Congresso di Karlsruhe, con il Sunto di un corso di filosofia  chimica, pubblicato nel 1858, fece comprendere la sostanziale importanza del principio di Avogadro, debellando definitivamente la confusione tra atomo (particella singola) e molecola (aggregato di particelle). Il chimico tedesco L. Meyer (1830 – 1895), a tal proposito, scrisse: Fu come se a tutti noi cadesse una benda dagli occhi.

Spostandoci dalla Sicilia alla Russia, un altro grande chimico Dmitrij Ivanovic Mendeleev (1834-1907) che, nel 1859, sistemò gli elementi chimici conosciuti fino allora (63) in una tabella, la tabella periodica conosciuta da tutti gli studenti che nel corso dei loro studi hanno avuto a che fare con la chimica, scoprendo così la legge periodica degli elementi.

Dopo la seconda metà del XIX secolo, in Svezia, un altro grande chimico, Svante August Arrhenius (1859-1927), nel 1884, nella sua tesi per il dottorato di ricerca all’Università di Uppsala, presentò una teoria originale, quella sulla dissociazione elettrolitica in acqua apportando come esempio, durante il colloquio, la dissociazione del cloruro di sodio NaCl (il comune sale usato in cucina) agli esaminatori, i quali sollevarono diverse obiezioni tra cui, la più comune, era quella che il metallo sodio a contatto con l’acqua generi un’esplosione. Si racconta che se ne uscirono con una battuta ironica: allora, ogni volta che la cuoca mette il sale nell’acqua per cuocere la minestra, la cucina dovrebbe saltare in aria! Il giovane Arrhenius obiettò, senza scomporsi e sicuro delle proprie idee in modo chiaro e  preciso, dicendo che una cosa è scindere NaCl negli atomi Na e Cl, un’altra cosa è che esso si scinda in ione Na+ e in ione Cl (cioè atomi con carica elettrica). Il risultato di questa vicenda fu straordinario in quanto, nel 1903, ad Arrhenius fu assegnato il premio Nobel per la Chimica.

Nello stesso periodo, venne scoperto il principio dell’equilibrio mobile, indipendentemente e quasi simultaneamente (come è avvenuto e avviene spesso in campo scientifico), dal chimico francese H. Le Châtelier (1884) e dal chimico tedesco F. Braun (1885): se un sistema chimico in equilibrio viene sollecitato dall’esterno, il sistema evolve tendendo a controbilanciare la sollecitazione apportata. Tale concetto, in altre parole, corrisponde al terzo principio della dinamica. Secondo il chimico americano W.J. Moore (Università dell’Indiana) questo principio è universale in quanto si può applicare in altri ambiti culturali come quello della psicologia, o delle scienze sociali, o anche dell’economia. Ma risulta valido anche nell’ambito della meteorologia o in quello della politica.

Francesco Giuliano


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Francesco Giuliano
Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).