Il Mediterraneo ha offerto spunti succosi per “spiegare” Latina, i suoi dintorni, lo sviluppo di città nuove attraverso genti diverse, ognuna con una storia diversa. Il mare ha portato qui persone di origine italiana proveniente dai paesi magrebini del Nord Africa (Egitto, Tunisia, Libia) da Israele, dalla Ex Jugoslavia, Albania, Cipro, Rodi e il Dodecaneso, qualcuno è arrivato da Salonicco, tutti porti, tutti punti di partenza.

“Ci furono famiglie – lo racconta spesso Silvano Roccato, ex assessore socialista – che dal Veneto arrivarono a Littoria, poi furono invitate a raggiungere l’Albania (Durazzo, Valona, Scutari) per occuparsi di bonifiche, dopo l’occupazione del 1939 che portò alla costituzione del Regni d’Italia e d’Albania. Erano tutti tecnici molto preparati. Durò pochi anni la loro permanenza oltremare, gli eventi bellici portarono di nuovo in Italia nel 1943”.

Stessa cosa fecero le venti famiglie di pescatori ponzesi che trovarono ospitalità nell’isola di Lagosta, lavorando in una fabbrica di trasformazione di sardine. Abitavano al Villaggio Razza, un posto incantevole dove si trovavano bene, quasi agiati su uno “scoglio” che somigliava al loro, non avevano problemi di ambientamento. Anche loro furono consigliati di lasciare la provincia di Zara – allora italiana – e di raggiungere di gran carriera Ponza dopo una breve ma travagliata sosta a Bari. Restò a Lagosta solo una ragazza, naturalmente per amore.

Altri migranti? Negli anni sessanta si sviluppò il grande fenomeno della salita operaia da sud a nord, con Torino meta preferita dei meridionali. A Latina, baciata dalla fortuna della Cassa del Mezzogiorno, ci fu un fenomeno inverso, anche se con connotati sociali riferiti a classi di benestanti che scelsero l’Agro per lavorare in fabbriche che avevano messo radici, vedi Rossi Sud, Fulgorcavi, Mira Lanza, Smalterie Genovesi, Plasmon, Pfizer e decine di altre.

Un fenomeno interessante riguardò la Fulgorcavi che arrivò ad essere quasi una città nella città. Il dottor Briasco, genovese, spinto dall’ottimo Dapelo, il patron, arrivò persino ad organizzare una squadra di calcio che in breve tempo raggiunse la serie D, con molti giocatori liguri a menar le danze. L’allenatore era il viareggino Eugenio Fascetti. I giovani più promettenti del florido vivaio di Borgo Piave, dove furono realizzati due splendidi campi, partivano per giocare con le squadre giovanili del Genoa. Si parlava, allora, uno stretto dialetto genovese, bastava recarsi allea pensione Bellavista, in piazza della Libertà, zona bar Di Russo per ascoltare lo slang dei giovani calciatori ma anche in importanti ambienti economici cittadini era usuale sentire certe battute inconfondibili. Gino Bondioli, grande tecnico di settore giovanile, ha allenato a Latina, poi si è espresso con talento in Grecia e Siria.


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