Il rogo de “La pecora elettrica”

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Dove si bruciano i libri, prima o poi si bruciano anche gli uomini.                                                                    Heinrich Heine, poeta tedesco

         Il fatto di cronaca, l’incendio della libreria, La pecora elettrica, nel quartiere romano di Centocelle, non può essere sottovalutato e dimenticato da parte di chi ama i libri e li  legge, si istruisce e si accultura con questi strumenti di emancipazione individuale e sociale.

Un evento della vita quotidiana allarmante che dovrebbe preoccupare qualsiasi cittadino che ha in mente di costruire e di vivere in una società democratica, ispirata e sostenuta dai principi di libertà, di tolleranza e di pace.                                                                                                 Scriveva con saggezza e lungimiranza già, nel XV secolo, il cardinale umanista Bessarione, filosofo bizantino, che «I libri sono pieni delle parole dei saggi, degli esempi degli antichi, dei costumi, delle leggi, della religione. Vivono, discorrono, parlano con noi, ci insegnano, ci ammaestrano, ci consolano, ci fanno presenti, ponendole sotto gli occhi della nostra memoria, cose remotissime. Se non ci fossero i libri, noi saremmo tutti rozzi e ignoranti e senza alcun ricordo del passato, senza alcun esempio; non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine».                                                                                      Storicamente non è la prima volta che vengono bruciati libri e biblioteche. Pagine in fiamme sono scaturite dall’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto (nel 48 a.C. durante l’assalto alla città da parte del “dittatore democratico” Giulio Cesare, e nel 642 a.C. quando la città fu conquistata dagli Arabi), e dal primo rogo dei libri, ordinato nel 212 a.C., da Qin Shi Huang, il primo imperatore cinese, che aveva voluto la costruzione della celebre grande Muraglia per difendere i confini del territorio che aveva appena unificato.                                                                                                                                 In tempi più recenti diversi incendi di libri sono stati organizzati dai nazisti in varie città della Germania, in particolare il rogo nella Bebelplatz di Berlino, dove in una sola notte furono bruciati migliaia di volumi, molti dei quali scritti da autori ebrei.

I libri, che hanno un inestimabile valore culturale, spirituale e sociale, ancora oggi in tante parti del mondo, come in Siria nei territori del Daesh, in Nigeria da parte dell’organizzazione terroristica di Boko Haram, suscitano paura, e pertanto vengono osteggiati e proibiti, censurati e contrastati nella diffusione e anche bruciati.

Di fronte a questi eventi storici, antichi e moderni, e quindi anche al rogo della libreria romana, La pecora elettrica, non possiamo non tener conto sia delle sagge parole pronunciate dal nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, «i libri sono stati un presidio per la difesa della libertà e dei diritti. La storia del nostro Paese non è pensabile senza il contributo dello sviluppo culturale che i libri hanno arrecato al nostro Paese» e sia del pensiero espresso dal cardinale Gianfranco Ravasi: «Viviamo in un’epoca di discorsi violenti spesso persino brutali. Per questo occorre riscoprire l’esattezza del linguaggio e cercarlo con passione anche nei libri che leggiamo».


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