LATINA – “I romanzi sono una biografia collettiva. E guai se non fosse così, sarebbero strumenti editoriali autoreferenziali, scriveremmo tutti solo delle cose che ci piacciono senza tener conto di quelle che invece piacciono agli altri”. Chiacchierare con lo scrittore Gian Luca Campagna è un arricchimento continuo. La sua presentazione a la Feltrinelli di Latina, la sua città, è stato un incontro con un autore maturo, che sta dimostrando con l’ultimo romanzo ‘L’estate del mirto selvatico’, edito da Frilli, di aver mantenuto le promesse quando aveva pubblicato i precedenti ‘Finis terrae’ e ‘Il profumo dell’ultimo tango’. Campagna ha affascinato il pubblico, non si è mai sottratto alle domande, anche le più scomode che i due presentatori (Alessandro Vizzino e Michela Sagnelli) gli hanno rivolto oltre a quelle del pubblico, un pubblico intelligente e preparato, numerosissimo. “Spesso quando si ascoltano le presentazioni dei romanzi gli autori giurano che i personaggi principali non rispecchiano mai i loro istinti, i loro desiderata, i loro dubbi, le loro emozioni: sono falsità. Almeno per me. I protagonisti delle mie storie assorbono da me ogni linfa, anche quelli più comprimari, li riempio di ogni mia proiezione e guai se non fosse così, sarebbero personaggi stereotipati e anche omologati, di carta e inchiostro, i miei personaggi li ho sempre costruiti di carne, sangue e passione. Per ‘demiurgare’ (“passatemi il termine”, ride) il cast di un romanzo è necessario avere un grande spirito di osservazione, assorbire le tensioni emotive di chi ti sta attorno e di semplici conoscenti è proprio dello scrittore. E questo ti permette di essere ladro e bugiardo, ladro perché sottrai in modo furtivo ogni situazione introspettiva e bugiardo perché poi la pieghi rispetto alle tue esigenze: è come mettere in un mixer diversi alcolici e creare un cocktail di grande elevazione spirituale”.

Seppure Campagna non ha mai nascosto lo slancio per lo straordinario (“se conduci una vita ordinaria, scriverai storie ordinarie” ammicca), seppure ama autori di nicchia e poco conosciuti, seppure non nasconde mai che a volte sono i suoi personaggi che lo supplicano di far vivere loro storie straordinarie compiendo lui personalmente qualche azione fuori dal seminato (“tipo una rissa in un bar, una Dakar in mezzo al deserto peruviano, gite in mezzo alle Ande su pullman scassati, una corsetta coi tori a Pamplona. Oppure frequentare donne mai banali, che resta il pericolo più grande che si possa vivere…” sorride), seppure tutto questo, Campagna non nega che tutto parte dai classici, dalla tragedia greca alla vis comica latina (“come fai a non tener conto di quei pilastri? L’ineluttabilità del destino, il divorzio dell’uomo dalla vita, le emozioni forti: parte tutto da lì, dall’eterno conflitto tra Eros e Thanatos, tra Bene e Male, tra umano e divino” svela) e dai tre capisaldi manzoniani. “Manzoni è un campione della scrittura: utile, vero e interessante sono i fari che mi guidano quando scrivo. Poi, venendo dal giornalismo, si possiede l’istinto per muoversi in questi ambiti. Certo, li piego rispetto alle esigenze narrative di oggi e alle mie personali inclinazioni” dice.

Comunque, il romanzo ‘L’estate del mirto selvatico’ è un libro che ti entra nel cuore, ti accarezza l’anima e a volte te la scuote. Il doppio percorso narrativo trovato come espediente per raccontare il passato e il futuro dei protagonisti è una scelta indovinata. La storia narra di uno scrittore di successo, Federico Canestri, che apprende dal web che in una cavità del monte Circeo è stato ritrovato lo scheletro di un adolescente. Lui sa di chi sono quei resti. E i ricordi lo portano a un’estate di 25 anni prima, quando lui col soprannome di Barabba fronteggiava la banda dei cattivi capeggiata da Hammer. Federico vuole scoprire come il suo amico è finito in quella grotta, così comincia a investigare ascoltando tutti gli amici e i nemici della sua adolescenza. Ma non dovrà fare i conti soltanto con loro, anche con il padre, con la moglie da cui sta divorziando e, soprattutto, con se stesso. Lui è veramente chi crede di essere?


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