Il soffio del vento: Dadaismo

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Ogni italiano dovrebbe imparare la storia dell’arte da bambino come una lingua viva, se vuole avere coscienza intera della propria nazione.                                                                           Roberto Longhi

Poiché l’arte è un patrimonio di immagini, forme, stili e simboli che hanno formato nel corso della storia il nostro modo di vivere e sentire e la nostra identità,  si ritiene opportuno in questa rubrica, Il soffio del vento, raccontare, sulla spinta delle sagge parole dello storico e critico d’arte, Roberto Longhi, il dadaismo, il movimento artistico e letterario d’avanguardia del primo Novecento che ha avuto origine nel 1916 e che si è sviluppato fino al 1922 in gran parte dell’Europa e negli Stati Uniti d’America.

Il movimento, formato da poeti, scrittori, pittori, critici d’arte, prese denominazione dal termine francese dada (cavallo) che apparteneva al linguaggio infantile. Fu un nome preso a caso dal dizionario Larousse in quanto privo di un serio significato. Infatti Tzara, letterato ebreo rumeno estensore dei manifesti del movimento disse: «Dada non significa nulla. Dada è un prodotto della bocca».

Il movimento, che nacque simultaneamente a Zurigo, a Berlino, a Parigi e a New York, nel pieno della prima guerra mondiale, si proponeva di combattere la società borghese, la cultura e l’arte tradizionali in nome dell’irrazionale, del caso e dell’intuizione.

I fondatori/animatori del movimento, Tristan Tazra, Hugo Ball, Marcel Janco, Jean Arp, negando tutti i valori (soprattutto quelli patriottici e bellicisti) della tradizione, esaltavano l’anarchia, il trionfo dell’illogicità, dell’atto gratuito fino ad arrivare a forme di puro nichilismo artistico, alla dissoluzione psicologica e linguistica.

Nel rimettere in discussione tutte le forme artistiche con intenti eversivi e nel voler “stupire” con la protesta e l’anticonformismo, i dadaisti (Picabia, Max Ernst, Marcel Duchamp), riferendosi ad autori trasgressivi (come Rimbaud, i futuristi italiani e gli espressionisti tedeschi), giunsero a realizzare poesie senza parole, papiers collés, oggetti assurdi, immagini, parole e suoni volutamente casuali, grotteschi, alogici e mostrarono una spiccata predilezione per la provocazione ludica e per il nonsense.

Con la loro attività creativa (dipinti, spettacoli, fotomontaggi, scritti), gli animatori del movimento dada hanno fornito un esempio storico in cui gli intellettuali possono e debbono non solo  esprimere una critica dell’esistente, ma anche indicare orizzonti nuovi e contribuire così al progresso civile e culturale del loro tempo, perché, come ha scritto il saggista francese Jacques Attali, «il ruolo dell’intellettuale è quello di pensare e far luce sull’avvenire».

 

 


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