Non so come diavolo faccia il vecchio Giampa, al secolo Giampaolo Pansa, a scrivere una dozzina di libri l’anno. Tant’è, appena esce l’ultimo io corro in libreria ad acquistarlo. L’ultima fatica del nostro reca in copertina il faccione del ministro Salvini. Il titolo non lascia spazio ad equivoci: “Il Dittatore”.
Pansa negli ultimi anni ha provato sulla sua pelle quel che diceva l’insuperabile Ennio Flaiano: “In Italia ci sono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti”. Dopo aver scritto una vita sui giornali della sinistra colta ed illuminata, Pansa ha riletto con la lente dello storico amatore tante piccole storie che, messe insieme, hanno costituito la saga dei vinti , cioè le vicende della guerra civile fra rossi e neri all’indomani del secondo conflitto mondiale. Anpi, collettivi, sinistra, preti laici dell’ortodossia del politicamente corretto lo hanno dipinto come il più volgare dei revisionisti, un sostanziale fascista a servizio di un mai estinto regime.
Il nostro vecchio Pansa non ne soffrì e vendette un oceano di copie.
Cambiò giornali, editori, pubblico di riferimento. Approdò a “Libero” diretto da Feltri e seguì la mascella di Belpietro a “La Verità”. Solo allora il grande equivoco si risolse nella cronaca: Pansa sbatte la porta e lascia il giornale di Belpietro, completamente sdraiato sulla linea politica di Matteo Salvini. Abbiamo vissuto vent’anni pensando che il Giampa fosse diventato uno di destra, mentre era e rimaneva il solito acuto rompipalle, maestro nel tenere la penna in mano e ad affrescare i volti della politica italiana.
Soltanto in Italia chi non intende prostrarsi dinnanzi all’eredità del fu Pci viene considerato alla stregua di un repubblichino. Tatò, il braccio destro e sinistro di Berlinguer, d’altronde, definiva Craxi un “gangster”.
“Quando la memoria non è prigioniera dell’ideologia, a prevalere è la pietà umana”, scrive Giampaolo Pansa.
Con l’ultimo volume, invece, pare che il vecchio Giampa abbia voluto far pace con il mondo vellutato della gauche, rispolverando un po’ di ideologia vetero compagna. Non ho ancora letto “Il Dittatore”, lo farò nei prossimi giorni. Epperò ho avuto modo di ascoltare Pansa dalla Gruber. Sostanzialmente è sulla linea di Roberto Saviano, il presunto scrittore che ebbe a definire il titolare del Viminale “ministro della malavita”.
Insomma, il Capitano leghista sarebbe un tipo autoritario, razzista, un piccolo Mussolini in erba.
Trovo il paragone un tantino insultante, ovviamente nei riguardi del Duce. Egli, infatti, chiamò al Governo Gentile, Alfredo Rocco, Italo Balbo. Non esattamente figure paragonabili ai ministri Centinaio, Stefani, Fontana e via dicendo.
Ho scritto più volte che Salvini non riesce a strapparmi il voto. Per il suo stile rozzo, sostanzialmente incolto e per l’ipocrisia di chi al comizio agita il rosario e, a telecamere spente, s’addormenta con una di 26 anni. Lo statista, pur credente, serve la Costituzione che è laica per definizione. Sturzo, De Gasperi, Aldo Moro(cattolici sinceri) mai avrebbero giurato sul cuore immacolato di Maria.
Tuttavia, devi guardarti intorno, nel mercato della politica italiana. Di Berlusconi, uomo geniale a cui saremo greti in eterno per aver impedito ai comunisti di governare l’Italia, si può scrivere senza timore di inciampare nell’errore sic transit gloria mundi. Il Pd è in mano ar saponetta mentre Orfini, Delrio e Faraone salgono a bordo della SeaWatch, abbracciano la Capina Carola in barba ai reati da lei confessati, giusto il tempo di farsi un selfie. Non sia mai che gli abiti s’impastassero del fetore di quei poveri cristi che devono esser tutelati nei beni supremi della vita e dell’integrità fisica e che non andrebbero strumentalizzati da ipocriti che gli immigrati van benissimo, basta che siano tenuti a debita distanza dalle loro case eleganti o dalle spiagge radical chic di Capalbio.
Ecco, non è un esperimento produttivo guardarsi intorno, guardare altrove. All’improvviso ti passa il disgusto per il Carroccio e ti viene quasi spontaneo votare Lega.
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