E’ venuta a mancare Giuseppina,molto conosciuta a Roma per essere stata da oltre cinquant’anni la ristoratrice,o meglio la “domina aurea” del popolarissimo locale “Il Biondo Tevere”, a due passi dalla Basilica di S.Paolo (via Ostiense). Una grande donna. La sua grandezza ha un nome comunissimo eppure spesso ignorato: umanità. Da lei concretizzato in medesimezza umana, nell’incarnare e praticare quotidianamente l’ideale francescano dell’umiltà e dedizione al prossimo (era umbra d’origine). Quest’aspetto è stato sottolineato nella esemplare predica-ricordo del sacerdote nella chiesa di San Benedetto (Gazometro) il quale,lontano da ogni retorica d’occasione, ha ricordato che quel ristorante era la vera casa di Giuseppina,una casa dell’accoglienza, aperta indistintamente ai grandi -artisti, intellettuali,uomini di scienza etc.)- ai minori e ai minimi, senza distinzioni di grado e ceto. Dove ogni giorno,ogni sera veniva scolpita,dipinta,raccontata la vita così dalla parte degli umili “artigiani” come da quella degli “artisti”, degli “scrittori e popolo”. Ha avuto il grande il merito di “sfamare” il ricco e il povero somministrandogli lo stesso cibo con gli ingredienti essenziali della convivialità, del rispetto della persona come essente nel novero dei Felici Pochi. Sì,proprio quelli di Elsa Morante (Il mondo salvato dai ragazzini) una tra i tanti illustri personaggi assidui frequentatori della sua “bottega”(così amava dire), cui era legata da una reciproca affezione e amicizia. A differenza degli Infelici Molti, terribilmente tristi, i Felici Pochi (ricchi o poveri,comunque, onesti, umani e aperti al prossimo) sono allegri, di essi anche “le puzze odorano di ginestra e gelsomino fresco/ e invece i profumi degli Infelici Molti odorano di muffa e orina/secca”. Giuseppina ha rallegrato l’indigenza,il disagio,lo smarrimento di giovani e vecchi offrendo loro sempre un piatto caldo o un asilo per riposare,anche per dimorare qualche notte o permanentemente. Non a caso il sacerdote ha citato l’esempio del cardinale che ha riattivato la corrente ai senza luce e solidarietà, un gesto scandaloso nella dilagante,propagandata disumanità; alcune parole del Papa sulla insopprimibile necessità di “vestire gli ignudi” e non lasciarli al gelo degli abissi. Nella lista degli Infelici Molti la Morante,oggi, avrebbe inserito senz’altro qualcuno che in questa circostanza sarebbe disdicevole e offensivo alla memoria citare. L’altro grande sodale di Giuseppina è stato Pasolini che da lei si sentiva accolto e protetto: i due si corrispondevano sul filo di amorosi,filiali e materni affetti. Quella tragica sera gli aveva preparato i soliti spaghetti all’aglio e olio per lui irrinunciabili,lo accompagnò come sempre all’uscita,si salutarono abbracciandosi. Non si era mai riavuta dal trauma della sua orrenda morte.Entrando al Biondo Tevere, tra le moltissime “foto di scena” (cinema,teatro,musica,poesia,letteratura) spiccano quelle della Magnani e Visconti (1951-52) sul set di “Bellissima” (le sequenze iniziali girate nell’allora primordiale locale e sul greto del Tevere). Nel 1962 Pasolini girerà “Mamma Roma” con la Magnani: sembra che i tre -Giuseppina,Pasolini,la Magnani- si intersechino per un fatale destino. Tra la Magnani e Pasolini non corse buon sangue,fosse stato ancora in vita,azzarderei a scommettere che avrebbe sicuramente riproposto un’altra Mamma Roma facendo della Giuseppina un personaggio a tutto tondo, potente e umanissimo; contrastante e speculare,per grandezza, a quello della Magnani . Due grandi “madri”,certo, con la differenza che per la Magnani,per così dire, era un nome d’arte, per Giuseppina è un eponimo. Infatti, davanti a lei si è inchinata almeno mezza Roma: per gratitudine,rispetto e ammirazione incarnando una madre amorevole, mai arrendevole,prodiga di carezze e salutari consigli. Donna austera e autorevole pur nella sua assoluta semplicità, custode di una sapienza antica coniugata con una sorprendente modernità e spirito di una istintiva “avanguardia”. Depositaria di una cultura autenticamente popolare da cui ha saputo distillare il succo di una rara saggezza, umiltà intellettuale, evangelica carità cristiana. Commisurata alla grande lezione degli illustri “commensali” che convenivano e sedevano al Biondo Tevere come a un “Convivio” sui generis. Giuseppina non aveva studiato ma sapeva “leggere” e “interpretare” le parole scritte dagli esperti del mestiere e quelle non dette o appena sussurrate dai bastonati dalla vita.
Per lei un epicedio: “Lascio la luce bellissima del sole/e le stelle splendenti e il sembiante della luna,/e i cocomeri maturi e le mele e le pere”. (Praxilla) (gmaul)


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