La plastica non inquina solo in mare ma potrebbe mettere a rischio la nostra salute fin dentro le nostre case, attraverso gli oggetti di cui facciamo uso più comune. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni del prof. Alessandro Miani, presidente di SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale, ospite la settimana scorsa Tg2 Italia: “Gli ftalati sono composti chimici usati nell’industria della plastica per migliorarne flessibilità e modellabilità, generalmente presenti nel particolato atmosferico. Ma si ritiene che in ambienti indoor, causa anche il minor ricambio d’aria, la loro concentrazione sia maggiore in quanto si tratta di molecole che si liberano nell’aria per usura di arredi e manufatti plastici, normalmente presenti nelle stanze di case e uffici”. Gli studi scientifici in tal senso sono solo agli inizi ma l’argomento è di grande attualità e il rischio per la salute connesso agli ftalati indoor è molto serio.
“Queste molecole aero-disperse – prosegue Miani – sono interferenti endocrini, sostanze in grado di interferire con l’organismo e alterare l’equilibrio ormonale, che è fondamentale per lo sviluppo del feto, per la crescita del bambino, per lo sviluppo sessuale e per le attività riproduttive. Più esposta al rischio dunque c’è la fascia di popolazione più debole: neonati, bambini e giovani adolescenti”.
Secondo una classificazione prodotta dall’Unione Europea, gli interferenti endocrini con effetti certi di interferenza col sistema endocrino sono 66, e ve ne sono altri 52 per i quali non esistono prove sufficienti a una classificazione sicura. In Italia, il Gruppo di Ricerca coordinato dal Prof. Gianluigi De Gennaro dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – riferimento scientifico nazionale per la ricerca sulla qualità dell’aria indoor – è impegnato nel monitoraggio della qualità dell’aria di ambienti confinanti, come ospedali, centri commerciali, scuole e negozi. Attraverso un device capace di monitorare il livello di inquinanti nell’aria, collegato a dei sistemi di purificazione ed areazione, è possibile ridurre notevolmente l’impatto sulla salute di chi vive, opera e frequenta tali contesti.
“A tutt’oggi non esiste ancora una legislazione sulla qualità dell’aria indoor ma si stima – conclude Miani – che nei Paesi sviluppati la popolazione passi il 90% del proprio tempo in ambiente chiuso come case, uffici e scuole, dove la qualità dell’aria diventa cruciale per la salute e per il benessere. L’aria indoor infatti può essere più inquinata rispetto a quella outdoor perché gli inquinanti esterni vengono intrappolati e si accumulano, perché vi sono inquinanti propri delle abitazioni e perché le varie attività umane (cottura dei cibi, pulizia della casa, ecc.) contribuiscono alle emissioni di ulteriori inquinanti”.
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