ROMA – Il Consiglio di Stato dà ragione alla Paguro Srl: risarcimento del danno, respinto il ricorso della Regione Lazio. La Regione chiedeva che fosse revocata la sentenza che aveva accolto la domanda risarcitoria avanzata dalla società in seguito al ritardo nell’adozione del provvedimento di liquidazione degli usi civici su alcuni terreni nel Comune di Aprilia, di proprietà della società stessa. Tale ritardo aveva comportato la permanenza di un vincolo paesaggistico che, a parere della società, aveva ridotto il valore dei terreni e impedito la realizzazione di un progetto di gestione di una discarica. La Regione aveva quindi sollevato il tema di un errore di fatto, chiedendo che fosse rivista la decisione in merito alla quantificazione del danno da lucro cessante, in quanto non era stato preso in considerazione un altro fattore: l’inquinamento del sito, che avrebbe ulteriormente influito sul valore dei terreni.

Il Consiglio di Stato, dopo aver esaminato il ricorso, ha respinto la richiesta di revocazione della sentenza e l’ha dichiarata inammissibile. La Corte ha ritenuto che la Regione non avesse dimostrato alcun errore di fatto che potesse giustificare la revocazione della decisione. La sentenza impugnata aveva già preso in considerazione, nel contesto della domanda risarcitoria, il tema dell’inquinamento del terreno, ma lo aveva infatti ritenuto irrilevante ai fini della determinazione del danno derivante dal ritardo dell’amministrazione nell’adozione del provvedimento di liquidazione degli usi civici e della conseguente permanenza del vincolo paesaggistico.

Il Consiglio di Stato ha ribadito che il ricorso per revocazione, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., è ammissibile solo in caso di errore di fatto che abbia determinato una decisione errata, ossia un errore evidente nella percezione materiale degli atti processuali, come la non rilevazione di un documento o la misinterpretazione di un fatto. In questo caso, la Corte ha escluso che fosse stato commesso un tale errore, poiché l’inquinamento del sito era stato adeguatamente considerato dalla sentenza, ma non è stato ritenuto rilevante per la quantificazione del danno risarcibile.

Inoltre, la Corte ha osservato che la Regione Lazio non aveva sollevato esplicitamente la questione dell’inquinamento come un fattore da considerare per la riduzione del danno da lucro cessante nei gradi precedenti del giudizio. In altre parole, la Regione non aveva argomentato che l’inquinamento dovesse incidere sulla quantificazione del danno durante il processo d’appello, pertanto non poteva ora invocarlo come motivo di revocazione.

Il Consiglio di Stato ha quindi concluso che la sentenza non presentava alcun vizio revocatorio, chiarendo che non si può richiedere la revocazione di una sentenza su questioni che riguardano l’interpretazione o la valutazione del materiale probatorio da parte del giudice. La Corte ha sottolineato che non si trattava di un errore di percezione materiale degli atti, ma di una scelta interpretativa che non era stata condivisa dalla difesa regionale.

In definitiva, il ricorso per revocazione è stato dichiarato inammissibile, in quanto le censure sollevate dalla Regione non costituivano motivi validi per la revisione della sentenza.

Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione di accogliere la domanda risarcitoria di Paguro S.r.l., stabilendo che la Regione Lazio dovrà risarcire i danni subiti dalla società per il ritardo nell’adozione del provvedimento di liquidazione degli usi civici e la conseguente permanenza del vincolo paesaggistico.

La Regione dovrà risarcire i danni per il lucro cessante, ma dovrà farlo seguendo i criteri di quantificazione stabiliti dalla sentenza. In particolare, il Consiglio di Stato ha indicato che la Regione dovrà considerare tutti i profili incidenti sul valore del fondo, inclusi eventuali costi di bonifica legati all’inquinamento, ma ha escluso che l’inquinamento fosse un fattore determinante per la determinazione del danno da lucro cessante.

La richiesta di revocazione è stata respinta, e le spese legali sono state assegnate alla Regione Lazio, che dovrà pagare 5.000 euro alla società Paguro per le spese processuali.


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