Livorno, 23 novembre 2024 – Nel carcere di Livorno è stato rinvenuto uno dei cellulari più piccoli al mondo, grande appena 7 centimetri, a riportarlo è Rai News. Questo episodio evidenzia il persistente problema dell’introduzione illecita di dispositivi tecnologici nei penitenziari italiani, una questione che desta sempre maggiore preoccupazione tra le autorità penitenziarie.
Secondo il Sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp), la criminalità organizzata utilizza tecnologie avanzate, come droni, per recapitare cellulari direttamente all’interno delle celle. Parallelamente, le forze di polizia penitenziaria continuano a essere sprovviste degli strumenti adeguati per contrastare questo traffico. Il segretario generale del sindacato, Aldo Di Giacomo, sottolinea come questa situazione consenta ai detenuti di utilizzare i cellulari per impartire direttive ai propri complici all’esterno, proseguendo attività illecite. Tra le operazioni più gravi emerse dalle indagini, vi sono ordini impartiti dai boss mafiosi direttamente dalle celle, con cui si organizzano azioni criminali e richieste estorsive.
I dati raccolti dalle autorità mostrano una media di circa trenta cellulari rinvenuti ogni mese nelle carceri italiane. L’uso di dispositivi sempre più piccoli, difficili da individuare, rende il fenomeno ancora più insidioso. Inoltre, molti detenuti si avvalgono dell’insufficiente applicazione del decreto legge n. 130 del 2020, che punisce l’introduzione e la detenzione di telefoni in carcere con pene da uno a quattro anni. In molti casi, chi viene trovato in possesso di un cellulare non rischia ulteriori condanne, una situazione che incentiva il fenomeno.
L’episodio di Livorno richiama l’urgenza di dotare le carceri di tecnologie adeguate per contrastare intrusioni come quelle effettuate con droni, nonché per individuare e bloccare i dispositivi elettronici introdotti illegalmente.
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