Il 16 ottobre 1943 Roma fu teatro di uno dei crimini più efferati della storia italiana: 1259 innocenti, tra cui 200 bambini, vennero strappati via dalle loro famiglie per essere deportati nei campi di sterminio nazisti.
Soltanto in 16 fecero ritorno a casa.
Questa mattina, insieme al Sindaco Gualtieri, abbiamo voluto onorare la memoria di queste vittime dell’odio e della violenza nazifascista.
Alessandro Manzoni diceva che “la storia insegna che la storia non insegna nulla”.
Noi siamo qui a ricordare – per primi a noi stessi – che non deve e non può essere così.
Lo scrive su Facebook il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca.
“Io abito al Ghetto da sempre. Quel giorno, il 16 ottobre del 1943, ero in finestra e ho visto un nazista portare via mia madre. Avevo dodici anni. Quando sono sceso, l’ho trovata su un camion. Lei mi supplicava di andare via, ma io mi ero messo in testa di salvarla”. Sono le parole di Emanuele Di Porto, 92 anni, testimone del rastrellamento del Ghetto di Roma. ‘Il bambino del tram’, come viene chiamato, parla al Portico d’Ottavia, dove si svolgono le cerimonie in memoria della deportazione degli ebrei della capitale avvenuta il 16 ottobre del 1943 per mano dei nazisti. Oltre mille ebrei vennero strappati dalle loro case e deportati nel campo di sterminio di Auschwitz: tornarono soltanto 16 di loro.
“Un soldato tedesco, che era li’ vicino, ha preso anche a me. Mi ha messo sul camion – ha aggiunto Di Porto – dove mia madre continuava a rimproverarmi. Poi, non so come ha fatto, forse con una spinta, è riuscita a farmi scendere. Per farla contenta mi sono allontanato. Ho cominciato a camminare, fino a quando ho incontrato un camion pieno di altri ebrei. Mi conoscevano tutti, avevo paura che qualcuno mi chiamasse, per cui mi sono allontanato e sono salito su un tram. ‘Sono ebreo, mi stanno cercando i tedeschi’, ho detto al bigliettaio. Mi ha invitato a sedermi vicino a lui e mi ha offerto da mangiare. E prima di andarsene, visto che aveva finito il turno, mi ha affidato al suo sostituto. Alla fine sono rimasto nel tram due giorni e due notti”.
Di Porto prosegue ricordando che “la terza mattina una persona che conoscevo, di religione ebraica, mi disse che mio padre era preoccupato perché pensava che mi avessero portato via assieme a mia madre. Dopo tre giorni sono sceso dal tram per raggiungerlo”.
Era il 16 ottobre del 1943, quello che sarebbe passato alla storia come il “sabato nero” del ghetto di Roma. Non un giorno qualsiasi, ma quello più sacro per gli ebrei: Shabbat. Alle 5.15 del mattino le SS invasero le strade del Portico d’Ottavia e rastrellarono 1.259 persone (689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine). A comandarle il tenente colonnello Herbert Kappler. Era stato lui a chiedere agli ebrei della Capitale di consegnargli 50 chilogrammi d’oro in due giorni, che avrebbero dovuto metterli in salvo. Un ricatto che non servì a nulla (l’episodio è mirabilmente raccontato nel film L’oro di Roma di Carlo Lizzani del 1961).
Il 18 ottobre, alle 14.05 , diciotto vagoni piombati partirono con 1.203 persone dalla stazione Tiburtina, verso il campo di concentramento di Auschwitz. Soltanto 16 di loro sopravvisser (15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino, scomparsa nel 2000, torturata a Bergen-Belsen. Le sue memorie sono raccolte nel volume Gli anni rubati e la sua storia è anche diventata un documentario dal titolo Nata 2 volte: storia di Settimia ebrea romana). Ad oggi, dopo la scomparsa di Enzo Camerino il 2 dicembre 2014, Lello Di Segni è l’unico sopravvissuto. Durante il viaggio dei convogli, a nord di Padova, un giovane, Lazzaro Sonnino riuscì a fuggire, gettandosi dal convoglio in movimento. Fatti uscire dai vagoni, i deportati vennero divisi in due file: da una parte 820, giudicati fisicamente inabili al lavoro, vennero portati nelle camere a gas; 154 uomini e 47 donne, fisicamente sani, furono in parte destinati ad altri campi di sterminio. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 75esimo anniversario del rastrellamento degli ebrei a Roma.
Alessandra Trotta
(Giornalista e scrittrice)
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