L’ingegnere chimico italiano Giulio Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler furono insigniti del premio Nobel per la chimica 1963 “per le loro scoperte nel campo della chimica e della tecnologia dei polimeri”, effettuate nel 1954. Esse erano finalizzate all’utilizzo di catalizzatori in grado di orientare le molecole del propene (o propilene) con lo scopo di ottenere il polipropilene isotattico, un prodotto semicristallino dalle particolari proprietà meccaniche e termiche. Da allora le materie plastiche hanno avuto una crescita esponenziale, tant’è che oggi la Terra è colma di esse oltre ogni limite plausibile.
Le materie plastiche, dal punto di vista chimico, hanno come componente principale un polimero, cioè una macromolecola (o grande molecola) ottenuta dall’unione testa-coda di tante molecole piccole (o monomeri), la cui disposizione nella concatenazione determina le proprietà del polimero. I monomeri possono legarsi tra loro secondo assetti diversi dando origine a catene lineari, ramificate e anche a strutture reticolate. I polimeri termoplastici hanno catene lineari (polietilene, polipropilene, polivinicloruro o PVC, polistirene, ecc.) e si comportano nei confronti del calore come il vetro: mantengono le proprietà plastiche anche dopo il riscaldamento e successivo raffreddamento; quindi sono riciclabili. I polimeri termoindurenti, invece, hanno strutture reticolate (polifenolo, poliuretano, ecc.) e si comportano termicamente come l’argilla: perdono le proprietà plastiche con il riscaldamento.
Oggi, tra le materie plastiche più usate ci sono: polietilene ad alta densità HDPE, polietilene a bassa densità LDPE, polistirene duro e rigido PS, polistirene espanso PSE, polistirene tereftalato PET, polivinilcloruro PVC, polipropilene PP, poliammide PA, ecc. Esse, finendo in mare, vi galleggiano e a causa delle correnti oceaniche vengono trasportate in zone ben precise degli oceani dove hanno costituito, in circa cinquant’anni, delle vere e proprie isole di plastica, o plastic vortex, o isole spazzatura, contenenti anche altri materiali leggeri. Da un’indagine satellitare ne sono individuate diverse ma quelle più importanti per estensione sono le seguenti:
- a) nell’Oceano Atlantico centrale, tra la Florida, le Antille e le Azzorre, la Sargassi Garbage Patch (Zona di spazzatura dei Sargassi);
- b) nell’Oceano Atlantico settentrionale, la North Atlantic Garbage Patch (Zona di spazzatura dell’Atlantico settentrionale) costituisce la seconda isola più grande per estensione;
- c) nell’Oceano Pacifico meridionale, la South Pacific Garbage Patch (Zona di spazzatura del Pacifico meridionale), in corrispondenza del Cile e del Perù, costituisce una delle isole di plastica più grandi al mondo con un estensione più grande dell’Italia;
- d) e sempre nell’Oceano Pacifico: Great Pacific Garbage Patch (Grande Zona di spazzatura del Pacifico) tra le isole Hawai e la California che come estensione supera di gran lunga quella della penisola iberica (Spagna + Portogallo).
Tale isole costituiscono una fonte immensa di materiali che possono essere riciclati secondo processi meccanici adeguati dopo una selezione adeguata.
Il prof. Luigi Campanella, nella Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo dell’8 luglio 2024 a Roma, ha riferito che “… nel Mediterraneo vengano smaltiti 300 mila tonnellate di rifiuti plastici l’anno, 8 miliardi di tonn. di rifiuti plastici prodotti, 8 milioni di tonn. quelli che finiscono in mari ed oceani. Il riciclo dei materiali plastici, l’unica soluzione al problema, non supera il 10% … Si pensi che da calcoli ripetuti fatta 100 la plastica prodotta, la massima percentuale di plastica riciclata da essa non supera il 30%. Il Mar Mediterraneo è purtroppo uno dei mari più inquinati dalla plastica. Si trovano sia microplastiche che macroplastiche, e la situazione è preoccupante. Un recente studio ha rilevato che nelle acque del Mar Mediterraneo c’è un’alta concentrazione di microplastiche; ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato”.
Le microplastiche sono dovute alla depolimerizzazione delle macromolecole. Esse hanno dimensioni submicroscopiche e, venendo ingerite dai pesci, ovviamente entrano nella catena alimentare umana oltre a quelle provenienti dai contenitori di alimenti e di bevande usate quotidianamente.
Vien da sé che la soluzione a tale problema è quella di portare al minimo il consumo di plastica monouso, ma sono in atto anche delle ricerche dai risultati promettenti che portano alla produzione di polimeri pan-tattici, per i quali si rimanda ad un mio precedente articolo del 24/09/2020: https://www.news-24.it/una-nuova-materia-plastica-il-pbtl-poli-biciclo-tio-lattone-e-riciclabile-molte-volte/
Francesco Giuliano
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