di Sergio Salvatori
Il Pigneto, nel quadrante est di Roma, incastonato come una gemma tra la via Casilina e la via Prenestina, è una delle zone più multietniche (ne è un esempio la scuola elementare Carlo Pisacane in via dell’Acqua Bullicante) e insieme radical chic della capitale. Frequentata da artisti e intellettuali di vario genere e da molti giovani che, non senza polemiche con i cittadini residenti, alimentano le notti della movida romana. La storia di questo quartiere è però più complessa. Ne parliamo con uno dei suoi nativi, lo storico e scrittore Daniele Orlandi (classe 1977) che ci confessa di aver scritto molte delle sue pagine proprio sui divanetti del bar Necci, uno dei locali più antichi del quartiere e punto di riferimento della nuova intelligencija capitolina.
«Allora, Daniele Orlandi, sembra che i romani si siano finalmente ricordati che esiste il Pigneto…».
«Sembra proprio di sì. Anzi aggiungerei il Pigneto “fuori le mura”, giacché prima dell’espansione della città verso sud questa zona, posta oltre la Porta Maggiore, faceva parte della suburbia romana ed era prevalentemente campagna. Una grande pineta, appunto, in una vasta proprietà fondiaria poi lottizzata a partire dalla fine dell’Ottocento, che si estendeva da Porta Maggiore (a due passi dal centro storico) all’Acqua Bullicante, l’antica via Militare, dove c’erano le acque sulfuree. Benvenuti al Pigneto, dunque!».
«Un quartiere importante dal punto di vista artistico. Penso alla Wunderkammern Gallery che in tedesco significa camera delle meraviglie, per indicare le stanze dove i collezionisti conservavano le loro mirabilia (opere d’arte, pitture, sculture, libri o manoscritti antichi, monete) e che ha la sede storica in Via Gabrio Serbelloni 124, a Torpignattara. Una galleria nata nel 2008. Oggi una seconda sede si trova in via Giulia, strada progettata dal Bramante nel Cinquecento su incarico di Papa Giulio II Della Rovere. La galleria di Torpignattara è un luogo che fonda insieme arte contemporanea, street art (forma di espressione artistica letteralmente esplosa negli ultimi anni) e diverse forme di arte pubblica per valorizzare e riqualificare zone della città che sono andate nel tempo degradandosi o che sono nate già con lo stigma dell’emarginazione. Ma oltre all’arte il Pigneto ha anche una certa importanza storica?»
«Assolutamente sì. Dalle antichità romane come il Torrione Prenestino risalente al I secolo a. C alla neopitagorica Basilica sotterranea di Porta Maggiore del I secolo d. C. La Chiesa di Sant’Elena fuori Porta Prenestina, voluta da papa Pio X per celebrare un centenario dell’editto di Milano (313) dell’imperatore Costantino, ricordi: in hoc signo vinces?. Fino all’epoca contemporanea, in particolare durante la Seconda Guerra Mondiale, per il contributo che il quartiere ha dato alla lotta di Liberazione. La zona era abitata da molti partigiani anche legati a formazioni clandestine meno note del Partito Comunista d’Italia come “Bandiera Rossa”. Molti di loro vennero poi catturati e deportati nei Lager o assassinati alle Cave Ardeatine, come ricordano le pietre d’inciampo che il Comune ha posto nelle strade in cui vivevano, da via Ettore Giovenale a via Romanello da Forlì, dall’Acqua Bullicante a via Macerata nella cosiddetta isola pedonale, costituendo un vero e proprio percorso della memoria. Mi vengono in mente i Giardini Nuccitelli e Persiani, due antifascisti deportati e morti nel KZ di Mauthausen.
«Senza dimenticare che il Pigneto fu uno dei quartieri più devastati dal bombardamento alleato del 1943. Non solo, ma negli anni Settanta, durante lo scontro anche violento degli opposti estremismi fu teatro di numerosi episodi di violenza politica che in quel periodo occupavano quasi quotidianamente le cronache dei giornali».
«Certo, e ci sono tracce di memoria per le strade del Pigneto, in via Malatesta soprattutto, che ricordano anche questi avvenimenti».
«Poi è arrivato Pasolini che ha ambientato al Pigneto Ragazzi di vita, romanzo del 59. Girando per le strade del quartiere sembra che Pasolini sia un mito rinnovato, forse per molto tempo dimenticato ma oggi invece la sua memoria ha ritrovato un posto speciale in molte zone suburbane di Roma compreso il Pigneto. È così?»
«Sì, certo, Pier Paolo Pasolini vi ha ambientato anche film come Accattone, del 1961, che aveva il suo “quartier generale” proprio qui, in via Fanfulla da Lodi, al bar Necci, dal 1924. Molti murales oggi lo ricordano, raffigurando il volto del poeta e regista e alcune sue frasi come ad esempio: “Io so, ma non ho le prove”, riferita ai tentati colpi di Stato che l’Italia ha visto organizzare e fallire tra anni Sessanta e Settanta o come la cosiddetta Cappella Sistina di Torpignattara, zona adiacente al Pigneto».
«Ti riferisci all’opera meravigliosa del pittore Nicola Verlato, dipinta su una palazzina bassa di via Galeazzo Alessi che racconta proprio la morte del poeta, all’Idroscalo di Ostia nel 75…».
«Sì, mi riferisco esattamente a quella. Per non parlare del fatto che al Pigneto fu ambientato il capolavoro cinematografico di Pietro Germi, Il ferroviere (1956) o che in via Montecuccoli fu girata la celebre scena dell’uccisione del personaggio ispirato all’antifascista Teresa Gullace interpretata da Anna Magnani in Roma città aperta di Rossellini».
«Una rivalutazione che va di pari passo agli omaggi postumi a Pasolini?».
«Non direi. O almeno non del tutto. Credo che il fascino di questa zona, che ha studiato alla scuola del suo vicino collega, San Lorenzo, stia nel clima di neorealismo che vi si respira ancora oggi e che ne fa una sorta di isola nel mare metropolitano. Ricordi il libro di Marco Lodoli, Isole. Guida vagabonda di Roma, del 2008?»
«Sì, un bel libro che svela i luoghi più nascosti e caratteristici della Roma borghese e popolare. Questo, unito ahimè ad una certa cultura modaiola presente del resto in molti altri luoghi di Roma. Sei d’accordo?»
«Sono d’accordo. Quel che è certo è che il Pigneto con la sua storia e la archeologia (anche industriale, penso allo stabilimento della SNIA Viscosa o all’ex fabbrica della Serono) testimonia del fatto che accanto alla Roma storica e blasonata esiste una città non meno affascinante che però va scoperta con pazienza, va cercata perdendovisi dentro. E puoi star certo che lei ti ripagherà».
«Hai parlato del Pigneto nei tuoi libri?»
«In parte. Ho raccontato il “mio” Pigneto in un romanzo uscito qualche anno fa ma anche nell’ultimo libro, dedicato al cantautore Claudio Baglioni. Nell’album del 1985, La vita è adesso, l’autore di Centocelle descrive le borgate di ieri e di oggi prendendo in prestito molto materiale poetico dalle opere più romane di Pasolini come Ragazzi di vita, Una vita violenta, come La religione del mio tempo e Le ceneri di Gramsci. Conosci la canzone Uomini persi, dove dice:
“Le voci aspre delle madri che li chiamavano
sotto un quadrato di stelle dentro i cortili dei palazzi
e la famiglia a comprare il cappotto nuovo
e tutti intorno a dire come gli stava”?»
Ecco, questa continuità tra vecchio e nuovo, tra tradizione e modernità, è ciò che intende Daniele Orlandi quando parla di Pigneto. Considerazione che ci sentiamo di estendere ad altre zone popolari di Roma come la Garbatella, Centocelle, Montesacro e molte altre.
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