Giorgio Parisi con Piergiorgio Paterlini Gradini che non finiscono mai Vita quotidiana di un Premio Nobel
Un racconto biografico assume la dignità di un’opera solo quando la scrittura ha saputo trasfigurare il vissuto passionale più privato in una forma che attribuisce a quella esperienza singolare un valore universale. (Massimo Recalcati)
«Arriva un momento nell’età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per far un po’ d’ordine dentro di sé e capire il presente, per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare. Quando questo bisogno ci sorprende, il racconto di quel che abbiamo fatto, sofferto, inizia a prendere forma. Diventa scrittura di sé e alimenta l’esaltante passione di voler lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto».
Questa lunga citazione estrapolata dal saggio, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, del filosofo e pedagogista Duccio Demetrio, e quella riportata nell’esergo, sono adatte a introdurre l’emozionante e denso racconto autobiografico che Giorgio Parisi ha scritto nel libro Gradini che non finiscono mai. Vita quotidiana di un Premio Nobel (La nave di Teseo, editore).
Nei brevi capitoli del libro (che possono essere letti isolatamente) sono narrati, con leggerezza e chiarezza espositiva e con impareggiabile freschezza, intelligenza e ironia, curiosi episodi personali dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’età matura, vicissitudini familiari, passioni ed esperienze lavorative, viaggi e incontri professionali con personalità di rilievo della letteratura (Luce d’Eramo, Ignazio Silone), della scienza (Giorgio Salvini, il maestro Nicola Cabibbo, Michel Ángel Virasoro, Marcello Cini, Daniel Amit, Guido Altarelli), dell’arte e del cinema.
Giorgio Parisi, figura di spicco nel panorama della ricerca scientifica contemporanea, in particolare della Fisica teorica, racconta con disinvoltura la sua vita privata, quando ha imparato a leggere prima i numeri che le lettere dell’alfabeto, quando ha incominciato ad affezionarsi ai suoi compagni di scuola, a leggere le grandi opere classiche come l’Iliade e l’Odissea di Omero, Delitto e castigo di Dostoevskij, la Recherche di Proust e i libri di avventura di Salgari e di Verne e di fantascienza di Asimov.
Nel racconto autobiografico ricorda i nonni Ciccio e Maddalena, i genitori Peppino e Annunziata, il fratello Valerio, la moglie Daniella, i figli Lorenza e Leonardo, i nipoti Martino, Creo e Giaìro, gli zii, le istitutrici, gli amici, gli allievi, le diverse abitazioni romane vissute e frequentate, le vacanze estive trascorse ad Anzio, gli anni di studi nelle scuole elementari, medie e nel liceo scientifico, i suoi “amori” per la letteratura, la filosofia e il latino, la musica e gli scacchi e soprattutto per la matematica e la fisica. Racconta la scelta della facoltà universitaria dopo la maturità, gli anni del «bel Sessantotto», la partecipazione alle assemblee, alle discussioni e ai gruppi di studio con gli amici che erano tutti nella sinistra extraparlamentare.
Durante il periodo degli studi universitari sono ricordati con ammirazione, stima e rispetto, oltre la giovane Daniella (sua futura moglie), gli insigni professori, i colleghi di corso, gli amici e il desiderio di entrare nell’ambiente di ricerca dopo la laurea che avvenne nel 1970.
Nel percorso narrativo autobiografico Giorgio Parisi, già professore ordinario di Fisica teorica, prima a Tor Vergata e poi all’Università La Sapienza di Roma dal 1981, si sofferma, oltre sulla «fisica della giovinezza», anche sulla «fisica dell’estate», appresa frequentando i laboratori di Frascati, la scuola di fisica di Erice per consegnare e discutere la tesi di laurea e per imparare a fare lo sforzo di capire le cose più difficili in maniera professionale.
Nei suoi primi lavori scientifici si è occupato, come ricercatore, di meccanica statistica, di dinamica dei fluidi, di fisica delle particelle, su come sia fatto l’infinitamente piccolo, e si è interessato al comportamento dei quark all’interno del protone. Leggere la letteratura scientifica, conoscere e capire cosa stavano facendo gli altri studiosi, scambiare opinioni, discutere e confrontarsi con altri fisici, è stato costantemente parte essenziale del suo lavoro di ricerca.
Sempre spinto dalla curiosità e dall’impegno Giorgi Parsisi ha studiato tantissimi problemi (sicurezza delle centrali nucleari, risparmio energetico, ambientalismo, pericoli della guerra atomica, messa al bando delle armi, emergenze dell’umanità…), ha sviluppato con metodo importanti ricerche sulle reti neurali, sul sistema immunitario, sulle glaciazioni e sul movimento di gruppi di animali e ha accresciuto competenze in vari settori della scienza.
Ha partecipato attivamente anche alla politica partitica, come indipendente di sinistra, ha scritto articoli sulle varie riviste scientifiche, ha elaborato progetti e programmi, ha preso parte a numerose battaglie, civili, sociali e politiche, ha fatto un memorabile discorso politico ritenuto, da lui stesso, uno dei più belli della sua carriera, e si è battuto in diversi interventi per il progresso della scienza libera e responsabile.
L’impegno sulla fisica delle alte energie ha avuto inizio con Nicola Cabibbo, uno dei più brillanti fisici teorici del dopoguerra, e terminato con l’equazione Altarelli-Parisi del 1977. Il suo contributo più originale alla fisica, manifestato in diversi seminari e convegni, è avvenuto nel campo dei vetri di spin, dei sistemi complessi e disordinati, la cui comprensione trova applicazione anche in fenomeni e campi apparentemente lontani tra cui la biologia, le neuroscienze e il machine learning.
Con questa teoria sui vetri di spin, prima descrizione matematica di un sistema complesso, Parisi ha avuto la sensazione di aver provato l’emozione, il brivido della scoperta e aggiunto alla fisica un territorio che poteva forse rimanere inesplorato. La complessità (con lo studio di sistemi complessi) è stata il macro-interesse della sua ricerca scientifica teorica, inventando nuovi strumenti matematici per descrivere regole ed equilibri dentro i sistemi disordinati. Il comportamento imprevedibile di un vetro di spin è diventato il paradigma per eccellenza di tutti i sistemi complessi (sia fisici, biologici, economici e sociali).
Per il fisico Giorgio Parisi, Premio Nobel della Fisica (2021) la complessità è una situazione disordinata. Il disordine e la complessità sono strettamente uniti, perché la complessità odia l’ordine e allo stesso tempo il disordine è quello che permette al sistema di arrivare all’ordine.
L’autore, inoltre, descrive i numerosi viaggi di studio e i soggiorni, programmati con cura e collegati al lavoro, negli Stati Uniti, presso la Columbia University di New York, in California a Los Angeles e San Francisco, in Canada, da Calgary all’isola di Vancouver, in Cina a Pechino, a Shanghai, a Xi’an (dove ha visitato le statue sepolte dell’esercito di terracotta) studiando il cinese, a Parigi insieme a Daniella (che svolgeva il lavoro preparatorio per il suo dottorato seguendo un corso di Roland Barthes), a Ginevra e in tanti altri luoghi dove ha fatto amicizia con famosi fisici con i quali era un piacere collaborare e dai quali ha imparato molto.
Per Parisi è necessario divulgare la scienza, comunicarla in maniera precisa, far capire come gli scienziati siano arrivati alle loro conclusioni, procedendo per intuizioni verificate faticosamente e lentamente, e adoperarsi per formare consenso attorno a una certa teoria o soluzione o comprensione del mondo. La praticità della scienza sta nella comprensione e nella possibilità di controllo della natura. Imparare i rudimenti del metodo scientifico, indurre curiosità verso il mondo, significa conoscere sé stessi, capire ciò che ci circonda e vivere da uomini liberi. La società ha il dovere di rendere possibile la scienza guidata dalla curiosità.
Per il Premio Nobel, professor Giorgio Parisi cercare, come scienziato, di capire come funziona ciò che ci circonda, indipendentemente dal fatto che abbia o no un senso, è importante, perché il “senso” porta a una scala di valori fuori da ciò che è scientifico, osservabile e quantificabile. Le leggi della fisica, che sono empiriche, ci dicono il “come” e non il “perché”. Nelle scienze esatte l’incertezza, paradossalmente, è fondamentale.
Nelle ultime pagine dell’autobiografia, molto intense e stimolanti, sono le riflessioni sulla vecchiaia, sulla morte, sui sogni, sui miracoli, sulla felicità, che l’autore preferisce invece chiamare “contentezza”, dimostrandosi soddisfatto di ciò che ha fatto, e che andava fatto.
Il libro Gradini che non finiscono mai. Vita quotidiana di un Premio Nobel, con lieve e appassionato slancio scritturale, suggerisce e spiega che raccontarsi in prima persona può essere una piacevole esperienza narrativa inusuale e un “gioco” felice di manifestarsi al grande pubblico. La narrazione autobiografica tenta di dare forma “allegra” al caos esistenziale di un uomo lucido e simpatico, semplice e razionale, di uno scienziato geniale e scrupoloso e di restituire comprensibilità a quanto è complesso, come la vita dell’uomo.
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