LAZIO – La Federlazio, con il contributo della Camera di Commercio Frosinone Latina, ha realizzato lo studio “Ricostruire la filiera agroalimentare interprovinciale. Nuove strategie di internazionalizzazione per il sistema integrato Frosinone Latina”. Dopo aver raccolto una serie di dati statistici da diverse fonti istituzionali, è stato somministrato ad un campione rappresentativo di aziende dell’area sud della regione Lazio un questionario con lo scopo di verificare se e in quale misura sia possibile individuare nuove strategie di internazionalizzazione per rafforzare la competitività delle imprese del territorio sui mercati esteri.

L’indagine presentata da Stefano ROSSI, esperto di diritto e commercio internazionale, ha visto la partecipazione di Nino POLITO, Presidente Federlazio sede di Frosinone, Marco PICCA, Presidente Federlazio sede di Latina e di Pietro VISCUSI, Segretario Generale della Camera di Commercio Frosinone Latina. Ha coordinato l’incontro Massimiliano IANNUCCI, Direttore Federlazio sede di Frosinone.
Secondo quanto emerso dall’indagine, le aziende della filiera agroalimentare mostrano una buona propensione all’export – confermata anche dai dati rilevati da Sace e dall’Istat (Osservatorio) – ma un livello di internazionalizzazione inferiore rispetto alla media delle PMI europee.
L’indagine si riferisce principalmente agli andamenti degli anni 2021-2022 e alle previsioni condotte dai principali istituiti di statistica per i prossimi anni.

DATI DI CONTESTO
Il quadro economico nazionale
Il report ha evidenziato come le sfide geopolitiche rappresentino una minaccia per l’economia globale, in particolare la recente pandemia e la guerra tra Russia e Ucraina. L’inflazione è una delle principali variabili macroeconomiche influenzate dal conflitto militare, che ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi decenni. Ciò influisce negativamente sull’economia globale, poiché le imprese dovranno sostenere costi di produzione più elevati, le famiglie avranno un reddito reale ridotto e le banche centrali saranno costrette ad adottare politiche monetarie restrittive.
La Commissione Europea ha ridotto le stime di crescita del PIL mondiale per il biennio 2022- 2023, mentre la Cina dovrebbe crescere del 3,4% e del 4,5% rispettivamente nel biennio di previsione. Negli Stati Uniti, l’economia ha registrato un rimbalzo nel terzo trimestre del 2022, ma la crescita economica dovrebbe decelerare nel 2022 e 2023.

L’eurozona e l’Italia hanno registrato una crescita positiva nel 2022, ma l’attività economica si sarebbe indebolita nei mesi finali dell’anno e si prevede un aumento del PIL dello 0,6% nel 2023. Tuttavia, la riduzione delle pressioni inflazionistiche e dell’incertezza potrebbe portare ad un aumento della crescita del 1,2% nel 2024 e nel 2025. Inoltre, si prevede una riduzione dell’inflazione al consumo in Italia, che si ridurrebbe al 6,5% in media quest’anno, per poi diminuire ulteriormente nel 2024 e nel 2025. Nonostante le difficoltà legate alla pandemia, le esportazioni italiane sono aumentate nel 2022 sia per beni che per servizi, grazie alla resilienza delle imprese. La crescita dell’export è stata guidata soprattutto dalle vendite di beni di consumo non durevoli e di beni intermedi, ma anche i beni di investimento, i beni di consumo e i beni alimentari hanno registrato una crescita positiva.

L’export agroalimentare italiano
Lo studio di Federlazio ha evidenziato come il settore agroalimentare italiano abbia ottenuto un risultato positivo nel 2021, con un aumento delle esportazioni del 11,8%. Il vino e i formaggi sono stati i prodotti più esportati. Nonostante le difficoltà, il settore agroalimentare italiano ha raggiunto un record assoluto di 60,7 miliardi di euro di esportazioni nel 2022. La Germania è il principale mercato di sbocco per l’export. Il settore biologico è in crescita, con un aumento del 16% nelle esportazioni di prodotti nel 2022. I mercati più promettenti per l’export bio italiano sono la Germania, i Paesi del Nord Europa e gli Stati Uniti per il cibo, mentre per il vino sono il Canada e il Regno Unito. Le aziende del settore alimentare biologico prevedono di aumentare il fatturato legato all’export. Gli ostacoli principali all’espansione dei prodotti bio all’estero sono i costi di promozione internazionale, le normative locali e la concorrenza di prezzo delle imprese locali.

L’industria agroalimentare del Lazio
Lo studio si è poi soffermato sull’importanza dell’industria agroalimentare del Lazio per l’economia e la cultura della regione e dell’Italia intera. L’industria è caratterizzata da un costante processo di innovazione e modernizzazione, con l’adozione di tecnologie avanzate per migliorare la qualità dei prodotti e la sostenibilità ambientale. È composta da diverse attività lungo l’intera filiera produttiva e ha alcune caratteristiche distintive come la presenza di PMI, l’importanza delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette.
Quanto ai dati relativi all’export agroalimentare del Lazio, si è evidenziato la sua crescita costante negli ultimi anni e l’importanza del settore per l’economia regionale.
Nel 2022 sono stati esportati “alimenti e bevande” per 1,08 mld di euro con, una crescita del 7,55% riguardo al 2021. Il Lazio è la quarta regione del Paese per volumi di export, con un incremento medio annuo del 4% negli ultimi cinque anni.
La provincia di Roma rappresenta il motore dell’export agroalimentare del Lazio, con il 65% delle esportazioni, seguita dalla provincia di Latina. I principali prodotti esportati sono quelli a base di cereali, ortofrutta, olio d’oliva, vino e prodotti lattiero-caseari. L’Unione Europea rappresenta il principale mercato di sbocco per i prodotti agroalimentari del Lazio, seguita dagli Stati Uniti e dall’Asia. La promozione dei prodotti tipici e di qualità del Lazio offre nuove prospettive per la crescita e la diversificazione delle imprese del settore

La filiera agroalimentare delle province di Frosinone e Latina
Negli ultimi anni, la provincia di Frosinone ha mostrato un trend positivo nell’export agroalimentare, grazie alla valorizzazione dei prodotti tipici locali che hanno conquistato i consumatori in Europa e oltre. Nel 2022, l’export ha raggiunto quota 160,6 ml di euro, con una crescita del 16,9% rispetto al 2021.
Tra i prodotti di punta del territorio, spiccano il Pecorino di Picinisco DOP, il Conciato di San Vittore, la Marzolina, i prodotti della filiera bufalina della Valle dell’Amaseno: mozzarelle, ricotte affumicate e la carne bufalina, il caciocavallo e la scamorza appassita di Supino, il Gran Cacio di Morolo.
I principali mercati di destinazione delle esportazioni agroalimentari di Frosinone sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada e l’Asia. In particolare, Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi rappresentano i principali importatori europei dei prodotti del frusinate.
La provincia di Latina ha visto, invece, una diminuzione dell’export, sceso a 274,7 ml di euro, con un -10,23% rispetto al 2021, dopo una crescita costante negli ultimi cinque anni.
I principali mercati di destinazione delle esportazioni di Latina sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada e l’Asia, con un forte interesse per prodotti come l’olio d’oliva, i formaggi e i vini.

L’agricoltura e la trasformazione agroalimentare rappresentano settori di grande importanza per l’economia locale. I prodotti più apprezzati sui mercati esteri sono l’ortofrutta, i prodotti ittici e quelli lattiero-caseari, come la mozzarella di bufala e la ricotta di pecora.

L’INDAGINE FEDERLAZIO
Dopo aver esaminato i dati macro-economici del Lazio e, più specificatamente, delle province di Frosinone e Latina, Federlazio ha focalizzato la propria indagine sulla propensione all’export delle aziende dell’intera filiera agroalimentare interprovinciale.
Riguardo alla strategia aziendale, le imprese più grandi prestano maggiore attenzione alla strategia di posizionamento sul mercato domestico e sviluppano approcci specifici per i mercati esteri. Tuttavia, le aziende più piccole, spesso a conduzione familiare, non dedicano abbastanza risorse alla pianificazione strategica, a causa di una limitata conoscenza dell’internazionalizzazione e delle differenze tra strategie per il mercato interno ed estero.
Il posizionamento sui mercati internazionali richiede un adattamento della strategia di marketing e vendita e una profonda comprensione delle norme locali e della concorrenza globale. Tuttavia, la maggior parte delle aziende intervistate (circa il 90%) ha dichiarato di non avere concorrenti diretti sui mercati esteri o di non essere a conoscenza di essi, evidenziando una criticità nell’analisi della concorrenza.

Le aziende più piccole e a conduzione familiare tendono a dedicare meno risorse all’innovazione, mentre le imprese più grandi e strutturate investono di più in ricerca e sviluppo.
L’indagine ha rilevato tre categorie di innovazione: alta (16%), media (52%) e bassa (31%). Nonostante il contesto economico difficile, le aziende più innovative hanno registrato una crescita superiore rispetto alle altre, con un aumento del fatturato del 29% nell’ultimo triennio, che si riduce al 15% per le imprese a media innovazione e al 5% per quelle a bassa innovazione.
Secondo i dati raccolti, le aziende più innovative tendono anche a collaborare con altre imprese attraverso reti, dimostrando che l’innovazione non riguarda solo la tecnologia, ma l’intera organizzazione aziendale (aspetto questo estremamente importante per l’espansione sui mercati esteri). Il 15,3% delle imprese ad alto contenuto innovativo fanno parte di reti, mentre solo il 7,4% e il 6,2% lo fanno per quelle a media e bassa innovazione.

Dall’analisi delle competenze professionali relative al commercio con l’estero, emerge che le imprese intervistate hanno in media da 3 a 5 risorse addette all’export/internazionalizzazione. Le competenze del personale sono buone, ma con margini di miglioramento nella gestione delle trattative interculturali e nel lavoro con società di servizio estere. Circa il 70% delle aziende non dispone di un sistema sofisticato per raccogliere informazioni sui mercati esteri, mentre i 2⁄3 delle aziende intervistate hanno esperienza nel definire i contenuti per un piano di comunicazione all’estero.
L’ultima parte del questionario ha evidenziato quanto segue:
Il 44% delle aziende intervistate ha dichiarato di avere un’esperienza media nel commercio estero;
il 50% ha dichiarato di avere poche risorse finanziarie e organizzative a disposizione per nuovi piani di export/internazionalizzazione;
Il 23,5% delle aziende giudica di importanza elevata le alleanze strategiche e il 58,8% le considera di valore medio. Inoltre, il 23,5% ritiene molto importante entrare nel mercato con un partner, mentre il 41,2% lo considera abbastanza importante.

In dell’agroalimentare di Frosinone e Latina, emerge che le imprese locali presentano una certa propensione all’export. Tuttavia, i dati raccolti evidenziano anche che vi sono ancora molti margini di miglioramento per le aziende in termini di attività fondamentali per l’export, come le analisi di mercato, l’analisi della concorrenza e la pianificazione strategica.


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