LATINA – “Terza retribuzione media annua dopo Roma e Frosinone. Terzo divario retributivo tra donne e uomini dopo Frosinone e Viterbo. Questo, in sintesi, il perimetro entro il quale si sviluppa la vita delle quasi 130mila persone del nostro territorio che lavorano nel settore privato non agricolo. Questo è il quadro che emerge dal dossier della UIL del Lazio e dell’Istituto di ricerca EURES.

“Nello specifico” si legge nella nota della UIL Latina “l’analisi di genere messa in evidenza dal dossier mostra come i compensi dei lavoratori si mantengano strutturalmente superiori a quelli delle lavoratrici: nel 2021 gli uomini hanno percepito in media 20.485 euro, contro i 13.930 euro delle donne, con uno scarto di genere di 6.555 euro.

Risalendo indietro negli anni – l’approfondimento del sindacato analizza un arco di tempo decennale – si evidenzia come nel 2011 le donne percepivano mediamente 12.644 euro l’anno, mentre i colleghi uomini arrivavano a una cifra pari a 19.539, praticamente un differenziale di 6.865 euro. “Ciò che stupisce e indigna – commenta Luigi Garullo, Segretario generale della UIL di Latina – è la costatazione che il differenziale retributivo in un decennio sia diminuito di appena 340 euro. Per azzerare questa disparità serve un deciso cambio di passo che si concretizza con strumenti di sostegno della genitorialità condivisa e della conciliazione dei tempi di lavoro e di vita”.

Spostando l’attenzione alle fasce di età le retribuzioni dei lavoratori dipendenti si attestano al livello più basso tra i giovani con meno di 25 anni: 6.920 euro annui nel 2021. Valore che sale a 14.277 euro nella fascia compresa tra i 25 e i 34 anni, arriva a 18.438 euro tra i 35 e i 44 anni, si attesta a 21.503 euro nella fascia tra i 45 e i 54 anni, per raggiunge il livello massimo di 23.146 euro annui tra i lavoratori compresi nella fascia 55-64 anni.

In termini di potere d’acquisto – sebbene nel decennio in questione il compenso medio annuo sia aumentato di 933 euro (da 16.803 euro del 2011 a 17.736 euro del 2021) – la perdita è stata consistente. Il dossier si sofferma e analizza le qualifiche professionali e rileva come l’unica categoria a registrare un incremento dei compensi anche su base reale è stata quella dei dirigenti, le cui retribuzioni segnalano una crescita del 18,8 per cento su base nominale (da 119.954 a 142.527 euro in termini assoluti) e un aumento del 7,8 per cento in valori deflazionati. Sul fronte opposto, i profili impiegatizi mostrano una sostanziale stabilità in termini nominali (-0,6 per cento; da 22.014 a 21.886 euro in termini assoluti) e un decremento del 9,8 per cento al netto delle dinamiche inflattive.

“E’ un’analisi impietosa che certifica l’aumento delle disparità retributive – aggiunge Garullo – , mettere all’ordine del giorno l’aumento dei salari della stragrande maggioranza della popolazione è ormai un imperativo per la politica. La continua precarizzazione del lavoro e la tendenza a rendere il lavoro sempre più povero è una logica perversa che va spezzata”.

Considerando poi le differenti tipologie contrattuali notiamo anche come i lavoratori stabili abbiano percepito nel 2021 retribuzioni nominali annue di 22.369 euro, scendendo tale valore a 8.994 euro tra gli occupati a tempo determinato e a 4.861 euro tra gli stagionali.

“Se le persone con contratto a tempo indeterminato in questi dieci anni sono diminuite di 3.200 unità – conclude Garullo – e se parallelamente i lavoratori a termine sono 4 mila in più e gli stagionali aumentano di quasi settemila unità, è fin troppo chiaro che la coesione sociale è fortemente a rischio e che per scongiurare questa eventualità va cambiata radicalmente direzione. Servono politiche industriali imperniate sulla sostenibilità sociale, sulla creazione di valore economico e occupazionale di lungo periodo. La UIL vuole un Paese diverso, più equo, inclusivo e moderno”.


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