Paolo Uccello : Il Pittore delle Battaglie e dei Cavalli

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Paolo Di Dono detto Paolo Uccello (Arezzo, 1397 – Firenze, 1475) fu un pittore italiano che fu aiuto del Ghiberti nella prima porta del battistero fiorentino mentre a Venezia egli lavorò ai mosaici di San Marco.

Tornato in patria, tra il 1436 e i 1445 figurava tra gli artisti più in vista di Firenze, come testimoniano le commissioni per il Duomo.

Nel 1445, chiamato da Donatello si recò a Padova ad affrescare in casa Vitaliani colossali figure di personaggi illustri detti i giganti.

Nel 1452 sposò Tommasa Malifici da cui ebbe due figli; nel 1465-69 lavorò a Urbino. L’ultima notizia del pittore è il testamento del 1475.

Mentre per la formazione e la prima attività di paolo Uccello non si hanno punti di riferimento documentati si deve risalire all’ “Annunciazione” dipinta nella Cappella Carnesecchi in Santa Maria Maggiore per avere una documentazione sicura. Mentre a Firenze si delineavano i caratteri fondamentali del linguaggio figurativo rinascimentale, il viaggio che il pittore fece a Venezia lo tenne lontano da questa cultura e anche nella scienza prospettica che non segue il metodo del Brunelleschi ma piuttosto l’ottica medievale.

Tornato a Firenze dipinse il lunettone con la “Creazione” nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella, opera piuttosto aspra ma già possente influenzata dal Ghiberti.

Il monumento equestre al condottiero Giovanni Acuto nel Duomo (1436) è il primo grande capolavoro di Paolo Uccello: la figura del condottiero a cavallo è definita con sintetica e geometrica precisione, mentre lo scorcio del cassone posato su mensole dimostra lo strenuo impegno prospettico. A questo momento si collegano le storie di Noè (Chiostro Verde, Santa Maria Novella): il lunettone con il diluvio è una visione tragica cui concorre l’imbuto profondo della prospettiva con l’arca; non meno vigorosa e suggestiva è la scena sottostante con il “Sacrificio di Noè” e lo “Scherno di Cam”. Non molto posteriori sono probabilmente il ciclo di “Storie di Santi Monaci” a San Miniato al Monte a Firenze e gli affreschi per la cappella dell’Assunta nel duomo di Prato.

A effetti fiabeschi con reminiscenze cortesi, concorre la prospettiva nei due dipinti con “San Giorgio e il Drago”. Il Vasari cita altri dipinti “piccoli” di Paolo Uccello in molte case fiorentine e a questo proposito sorge il problema di diversi quadri di non grandi dimensioni che parte della critica assegna a uno o più scolari.

Nel 1443 eseguì per il Duomo di Firenze “La sfera delle ore” cioè la decorazione dell’orologio con quattro potenti e visionari testi di profeti agli angoli.

La testimonianza maggiore della pittura di Paolo Uccello è tuttavia nei tre grandi pannelli che in una camera di Palazzo Medici celebravano la battaglia di San Romano, evento militare che aveva visto i fiorentini vittoriosi sui senesi. Le masse dei combattenti sono bloccate dalla prospettiva con singolari e vari scorci, posizioni, risultanze: cavalli e guerrieri corazzati simili ad automi, palizzate di lance e strani cespugli di cimieri, mezze lune di balestre, coni di trombe e arricciolarsi di vessilli, sullo sfondi di siepi fiorite e colline gremite di soldati.

A Urbino, Paolo Uccello eseguì una tavola di cui ci è pervenuta solo la predella con il “Miracolo dell’ostia” (1469), con le suggestive scenette di interni e di esterni pervase da un senso aneddotico vivido e poetico.

Agli ultimi anni dell’artista viene assegnata anche la “Caccia notturna” di Oxford. Infine vanno ricordati i ritratti di un giovane volitivo dal profilo tagliente (Chambery) e quello di una dama (New York, Metropolitan Museum) che pare ispirarsi all’eleganza cortigiana del Pisanello.

Paolo Uccello raggiunse nel corso della sua ricerca i risultati più vari: monumentali e fiabeschi, drammatici e astratti, che nel ‘900 hanno fatto ravvisare singolari analogie sia con il cubismo sia con il surrealismo. Tuttavia, allo storico queste rivelano soprattutto la ricchezza dialettica della cultura figurativa del ‘400 fiorentino. La tavola del Louvre che gli si attribuisce, nella quale egli compare tra i “5 fondatori dell’arte rinascimentale” dimostra l’importanza di cui egli stesso dovette aver coscienza , del ruolo storico svolto dalla sua opera.

 

Guglielmo Guidi  (Ricercatore e storico d’arte ).


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