Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui. (Pier Paolo Pasolini)
Nel 1975 nella raccolta delle Lettere luterane si trova la Lettera a Gennariello, un «trattatello pedagogico», purtroppo incompiuto. È considerato da alcuni studiosi il capolavoro pedagogico di Pasolini. Lo scrittore si immagina che Gennariello sia una ragazzo napoletano non proletario, ma piccolo borghese, un giovane italiano tipico della società di quegli anni post-Settantotto
Nel trattatello pedagogico Gennariello, che costituisce una sezione delle Lettere luterane, Pier Paolo Pasolini mette in risalto la forte divaricazione che esiste nell’epoca contemporanea tra padri e figli, tra insegnanti e discenti, e finge di impartire una serie di lezioni a un immaginario ragazzo, illustrando il valore educativo che riveste «il linguaggio delle cose» nella prima fase di formazione della persona e l’importanza che assume la socializzazione nella sua crescita.
La morte di Pier Paolo Pasolini è stata un omicidio politico oppure un delitto a sfondo omosessuale? Questo interrogativo ancora oggi tra gli studiosi e i biografi del poeta di Casarsa è fonte di discussioni e polemiche accese. Comunque sentiamo la sua mancanza per il suo coraggio, per la volontà di “scandalizzare” in una società omologata come quella di oggi.
Tra il 1968 e il 1970 nel serrato dialogo con i lettori Pier Paolo Pasolini nella rubrica Il Caos, sul settimanale Tempo affronta l’attualità politica e le novità culturali di quegli anni, la cronaca pubblica e la vita privata.
Pier Paolo Pasolini, che nella periferia romana fu insegnante per qualche anno, prima di affermarsi come scrittore, fu tra i primi ad accorgersi (molto prima agli albori del ’68), dell’importanza della pedagogia espressa da don Milani nella Lettera a una professoressa. Con Leonardo Sciascia, Franco Fortini e don Milani (e con quest’ultimo in modi molto meno diretti) Pasolini ebbe un dialogo di fortissima impronta “sociale” perché come intellettuali ed «eterodossi pedagogisti, credevano nell’educazione “civica” e in quella scolastica.
Casarsa, luogo delle vacanze estive e anche asilo durante i bombardamenti durante la secondo guerra mondiale, ha rappresentato per Pasolini la Piccola Patria. Lo scrittore nei suoi primi anni di vita fu costretto a cambiare continuamente città a causa della carriera militare del padre. Il piccolo paese friulano, terra governata da riti agresti, ha rappresentato il perno sicuro cui radicarsi. Un luogo di tenerezza e incontri con il mistero della paura e della morte. Pasolini sentiva una tensione verso il mondo contadino cui avrebbe voluto appartenere.
Nel Paese natio della Madre, Pasolini ha frequentato la seconda elementare. Con la sua invidiata bicicletta, con il cambio moderno, il giovane amava mischiarsi ai giovani nelle sagre e nelle balere tra Savorgnano, Ligugnana, Gleris, Cordovado e San Vito. Dopo la sagra di Ramuscello tre ragazzi, con cui Pier Paolo aveva avuto un incontro al buio, litigano e si rinfacciano l’esperienza. Un paesano li ascolta e fa partire un denuncia ai carabinieri. Pasolini è accusato di «corruzione di minorenni» e «Atti osceni in luogo pubblico». Il Partito comunista, di cui è segretario della sezione locale, lo espelle. Dallo scandalo, divenuto nazionale, sarà assolto anni dopo.
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