La scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo. (Malcom X)
Il soffio del vento ha sempre sostenuto il mio interesse e la mia passione per l’insegnamento e per la didattica in rapporto all’esperienza professionale di maestro e direttore didattico che ho svolto per diversi anni con dedizione, determinazione e gratificazione nell’istituzione scolastica.
La scuola elementare è stata per me l’ambito lavorativo in cui ho impegnato con spirito di innovazione e sperimentazione, per oltre cinquant’anni, le mie energie vitali, fisiche e mentali, culturali e spirituali.
Ho ritenuto sempre la scuola l’ambiente organizzato di apprendimento sia degli alunni che degli insegnanti, una comunità educativa e, per eccellenza, il luogo di esperienza di vita e di mediazione culturale e sociale, in cui ho avvertito il gusto di scoprire e capire, insieme agli alunni e colleghi, il mutevole mondo che ci circonda in tutta la sua problematicità e complessità.
Elemento centrale del mio impegno scolastico, di natura culturale e professionale, politico e sociale, è stato costantemente la didattica, intesa come una delle scienze dell’educazione che ha per oggetto lo studio delle tecniche e dei metodi dell’insegnamento.
Seguendo il pensiero del pedagogista Bruno Ciari, allievo di Ernesto Codignola, sono stato sempre convinto che, lavorando nella e con la didattica avrei avuto la possibilità di realizzare un modo “alto” e nobile di «far politica», intesa quest’ultima come servizio per la collettività, come attività rivolta a perseguire il bene comune e a costruire una società basata sui valori di libertà e giustizia, solidarietà e democrazia.
Ho costantemente pensato che la didattica, intesa come teoria e pratica dell’insegnamento, fosse anche una scienza della comunicazione e suo compito specifico fosse quello di elaborare progetti, attuare metodologie e trasmettere criticamente saperi e modelli socio-esistenziali dagli insegnanti agli alunni.
I saggi Didattica operativa di Giuseppe Tamagnini, La grande disadattata, I modi di insegnare di Bruno Ciari, Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica di Mario Lodi, Un anno a Pietralata di Albino Bernardini, sono stati testi importanti nel panorama pedagogico e hanno avuto peso e significato per la mia formazione professionale.
Questi “maestri”, insegnanti professionisti e artisti della produzione culturale e pedagogica, mi hanno spinto a coltivare passioni e studi per i problemi della didattica perché la loro creatività, metodologica e didattica, è stata utile e necessaria per adattare nell’attività di insegnante obiettivi metodi e contenuti alle individualità degli allievi.
Sotto l’alitare del vento riaffiorano nella mia memoria anche i tanti ricordi gioiosi, legati al produttivo scambio culturale e sociale delle esperienze scolastiche tra le scuole più avanzate nella ricerca-azione e nella sperimentazione didattica tra gli insegnanti delle scuole dell’infanzia ed elementari di Aprilia e le relative docenti dei kindergarten di Magonza e di Wiesbaden in Germania.
Le impegnative esperienze della «scuola a tempo pieno», i collegamenti con i centri di ricerca scientifica della scuola e della didattica con l’Università, le attività di collaborazione con le istituzioni scolastiche (Liceo artistico e Classico, Conservatorio musicale…), con i gruppi teatrali e le associazioni culturali presenti nel territorio, hanno contraddistinto la mia azione educativa che mirava a far entrare nelle scuole (da me coordinate e guidate) le innovazioni e i fermenti culturali e sociali del tempo e a realizzare la volontà di promuovere e organizzare attività culturali coinvolgendo l’intera comunità scolastica attraverso anche un rendiconto pubblico didattico.
Questo fermento innovativo, sostenuto da una costante attività di aggiornamento educativo e didattico, ha portato all’organizzazione, ad Aprilia (Latina), di un Convegno Nazionale che ha coinvolto personaggi del mondo della ricerca universitaria e permesso a insegnanti del nostro territorio di confrontarsi con colleghi di altre regioni d’Itala.
Il soffio del vento del rinnovamento educativo ha determinato nel mio mondo professionale la consapevolezza di “cavalcare”, le prorompenti novità del cambiamento epocale della società nella scuola e nel lavoro strettamente legato alla didattica.
I nuovi scenari della complessa società globalizzata, dello sviluppo della scienza, della rivoluzione ecologica e informatica, della rilevante presenza di moderne tecnologie dell’informazione e dell’intelligenza artificiale, mi hanno reso consapevole della difficoltà di affrontare le grandi sfide del XXI secolo e pertanto di non «avere più l’età di restare in campo». Infatti con il sopraggiungere del periodo, ahimè, della pensione, e soprattutto dei radicali cambiamenti di nuovi orizzonti antropologico-culturali e scientifici, politici e sociali del terzo Millennio, non ho avuto più la possibilità di continuare ad essere “protagonista” dei recenti scenari, in particolare della rivoluzione digitale e conseguentemente di una rinnovata didattica nella scuola legata al mondo delle nuove tecnologiche dell’informazione.
Sul piano della prassi educativa non ho potuto cimentarmi con i problemi posti dalla necessità di attuare la didattica digitale, ma mi sono limitato a seguire da lontano i primi virtuosi esempi di cambiamento della scuola, come importante istituzione formativa, e quindi il ripensamento dell’intera azione didattica.
Ciò nonostante attraverso l’attento studio e la lettura di importanti saggi di esperti, ispiratori e guide della cultura tecnologica, come Luciano Floridi, Paolo Ferri, Gino Roncaglia, Stefano Moriggi e Roberto Maragliano, sto cercando di seguire e comprendere l’evoluzione storica e culturale, filosofica e tecnologica che ha avuto significative ripercussioni anche nel campo della pedagogia, della scuola e della didattica.
Le ricerche e gli studi di questi esperti, nell’ambito della società della conoscenza, hanno indotto, non solo a cercare di capire il tempo che stiamo vivendo, ma anche a ripensare e a rifondare nel loro statuto epistemologico teorico e prassico le scienze dell’educazione, a realizzare innovative strategie di insegnamento e apprendimento e a progettare nuovi modelli organizzativi scolastici.
Il soffio del vento per le mie convinzioni politiche, culturali e sociali mi avrebbe coinvolto, senza alcun dubbio, nell’ambito scolastico e nella pratica didattica a studiare e capire il preoccupante fenomeno del «digitale divide», del divario tra chi ha accesso effettivo alle moderne e nuove tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso per acquisire la «cittadinanza digitale» necessaria, in questo periodo storico, per attuare il dettato costituzionale (art. 3): «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
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