E’ successo di nuovo. Meno di 48 ore fa la Nazionale Italiana di calcio veniva sconfitta in casa dalla non irreprensibile Macedonia del Nord perdendo, per la seconda volta di fila nella sua storia, la possibilità di poter partecipare alla fase finale del Mondiale in programma in Qatar a partire da novembre 2022.
Inutile tornare sulla partita, i novanta minuti di giovedì sera si sono rivelati stregati e gli azzurri, nonostante le occasioni raccolte, non sono riusciti a segnare pagando dazio l’unico tiro avversario arrivato a tempo praticamente scaduto.
Adesso però arriva il difficile. Perdere per due volte di fila la possibilità di partecipare al Mondiale, soprattutto dopo il successo europeo, sembrava un fatto impensabile. Passare dalla gioia allo sconforto in un battito di ciglia rende ancora più amaro questo insuccesso, alcuni dei giocatori che scorsa estate facevano parte del gruppo coeso che dominava l’Europa probabilmente saluteranno e adesso è necessario quel ricambio di uomini, calciatori e non solo, caldeggiato da molti, addetti ai lavori e no. Al di là di tutto, il commissario tecnico Roberto Mancini, nonostante alcune scelte poco lucide, sembra essere il minor colpevole. Starà a lui scegliere se tracciare la via della rinascita o farsi da parte vista la cocente delusione definita da lui stesso come la più dolorosa della sua carriera.
Quanto fa più male è il fatto che gli effetti dannosi di questa sconfitta non riguarderanno solo il campo ma spazieranno anche su altri settori, da quello economico, mediatico e sociale. Una generazione di ragazzi non ha ancora avuto modo di vedere una partita della Nazionale nella competizione mondiale, gli sponsor tratteranno al ribasso e gli investimenti per i diritti televisivi rischiano di risultare controproducenti.
A mente fredda arriverà il momento dei processi, dei concorsi di colpa e delle rivoluzioni. Adesso c’è solo da leccarsi le ferite sperando che momenti gioiosi come quelli della scorsa estate non siano piacevoli eccezioni tra un mare di insuccessi ma che possano tornare al più presto. Per il Paese, per il movimento calcistico e sociale ma, soprattutto, per quei ragazzi che non possono scandire la loro adolescenza prendendo come riferimento l’Italia e le sue partecipazioni mondiali.
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