Nel dopoguerra centinaia di sminatori giunsero in provincia di Latina, duramente colpita dall’evento bellico. Cercavano un lavoro ben pagato per l’epoca per fare fronte alle necessità familiari. Gli eserciti alleato e tedesco disseminarono di mine vasti territori tra il settembre 1943 e il maggio 1944. Il costo della bonifica in vite umane fu altissimo. Uno dei tanti episodi dolorosi fu l’esplosione di una mina marina che il 22 novembre del 1946 uccise cinque sminatori sull’arenile di Catterattino, dalle parti di Sabaudia. Un piccolo sacrario ricorda il sacrificio di Publio Andolfo, Giuliano Cattani, Giuseppe Rigoni, Pietro Vaselli, Aldo Zinco. Successivamente, a guerra terminata, il “Re di Maggio” Umberto II emise un Decreto Luogotenenziale, il nr. 320 del 12 aprile 1946, nel quale assegnava il compito della bonifica generale del territorio italiano al Ministero della Guerra.
Iniziò quindi una specifica organizzazione militare/civile basata su un Ispettorato di Bonifica Immobili Ordigni Esplosivi (I.B.I.O.E.) che gestiva 5 Comandi di Zona, (Capua, Roma, Firenze, Bologna e Genova), che, a loro volta, coordinavano 20 Comandi Sottozona, 79 Nuclei di Bonifica e 233 Sezione B.C.M. ( Bonifica Campi Minati). Vennero costituite anche apposite scuole di bonifica.
I Nuclei B.C.M. erano formati spesso da personale misto, con l’impiego di molti operai civili che avessero avuto una minima formazione militare, assunti dal Ministero con funzioni di “rastrellatori”, sotto il controllo dei militari; per tre anni questi uomini bonificarono giorno e notte il nostro paese rimuovendo milioni di ordigni.
Un’opera meritevole che merita una citazione, è quella svolta da Vittorio Longo, un vispo contadino nato in provincia di Venezia, Fossalta di Piave, la cui storia merita di essere raccontata. Viveva in via Nascosa in una famiglia numerosissima e nel 1944, appena gli americani arrivarono a Littoria, gli chiesero se voleva lavorare in Sicilia. Lui non perse l’occasione e fu aggregato a una pattuglia di genieri. Nel sud dell’Italia imparò a sminare e la sua presenza, appena tornato nel capoluogo pontino, risultò utilissima. Lo chiamavano i vicini di casa, con urgenza, appena riuscivano ad avere il sentore della presenza di una bomba o più bombe nel loro terreno agricolo. Lui arrivava e riusciva a risolvere molte problematiche. L’attività di Vittorio Longo divenne anche fonte di guadagno: riusciva a vendere il ferro vecchio che veniva caricato ogni domenica su un camion e poi rivenduto. La forza dei sminatori consisteva nell’avere un carattere forte pronto ad ogni evenienza. In tanti ricorrevano alle cure del vecchio ospedale in via Emanuele Filiberto, poi diventato la sede del liceo scientifico “G.B. Grassi”. Vittorio Longo, in pieno accordo con il presidente Antonelli, capì che l’attività d’aggregazione andava potenziata all’interno dell’ex O.N.D.
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