Scrive il chimico statunitense Hugh Aldersey-Williams nell’affascinante saggio Favole Periodiche (BUR Rizzoli – Saggi,2020): “Il radio, un elemento – un metallo non solo radioattivo, ma anche caratterizzato da una reattività esplosiva – con cui nessun mortale aveva mai avuto modo di entrare in contatto, conquistò all’improvviso una notorietà mondiale che lo portò a essere considerato una sorta di talismano miracoloso … era ricercato ovunque … La figura centrale nella storia del radio …. è Marie Curie …”. Di origine polacca, ma naturalizzata francese, Maria Salomea Skłodowska – questo era il suo nome da nubile – era nata a Varsavia nel 1867, dove non potette completare gli studi perché era vietato alle donne di scriversi all’università. Si trasferì, allora, a Parigi, si scrisse all’università Sorbona – cosa insolita per una donna anche in Francia -, dove studiò fisica e chimica, tant’è che in entrambe le discipline, in seguito alle sue ricerche sulla radioattività e sull’elemento chimico radio, ottenne due premi Nobel. Fu, infatti, la prima donna, nel 1903, ad essere insignita del premio Nobel per la fisica per gli studi sulle sostanze radioattive (assieme al marito Pierre Curie ed a Henri Becquerel, e dove, all’inizio, non era stata inserita in quanto donna) “in riconoscimento dei servizi straordinari che essi hanno reso nella loro ricerca congiunta sui fenomeni radioattivi scoperti dal professor Henri Becquerel”, e fu, ancora la prima donna, nel 1911, a vincere, questa volta da sola, il premio Nobel per la chimica “in riconoscimento dei suoi servizi all’avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, dall’isolamento del radio e dallo studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento”. Dopo la morte del marito Pierre Curie, investito da una carrozza, nel 1908 le fu assegnata la cattedra di fisica generale; anche questa volta fu la prima donna ad insegnare nella prestigiosa università Sorbona. Morì nel 1934, a sessantasette anni, per avere esposto il suo corpo per un tempo molto lungo alle radiazioni, di cui negò sempre la pericolosità della quale ancora non si aveva consapevolezza. Dunque tre primati straordinari e unici che, senza volerli e ambirli, accompagnarono il lavoro svolto con passione smisurata di questa grande donna, la quale con le sue scoperte aveva dato un immenso contributo all’umanità aprendo nuove e molteplici frontiere alla ricerca scientifica.
L’anno 2011 fu scelto come Anno Internazionale della Chimica (IYC2011) dalla 63^ sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, con il coinvolgimento dell’UNESCO e dell’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC), per celebrare il centenario dell’assegnazione del premio Nobel per la Chimica a Maria Slodowska Curie, e per onorare, nel contempo, il contributo che le donne danno alla Scienza. (A Latina lo scrivente di questo articolo fu referente SCI del IYC 2011-Lazio – http://www.everydaymath.it/rassegnaChimica.php e https://www.yumpu.com/it/document/view/31473602/programma-sci-2011-anno-internazionale-della-chimica ).
Nel 2017, per commemorare la celebre storia di una delle più grandi scienziate di tutti i tempi, forte e determinata, venne scritto e diretto dalla regista Marie Noëlle il film Marie Curie (Karolina Gruszka), distribuito nelle sale italiane dal 5 marzo 2020 (una settimana prima del confinamento nazionale dovuto alla Covid-19). Nel film, per sminuire i molteplici successi di questa donna moderna, carismatica e passionale, la regista biasima a ragione l’azione deprecabile dei giornali del tempo che, dopo la morte accidentale del marito, stigmatizzano l’innamoramento della scienziata con il matematico Paul Langevin, per suscitare nell’opinione pubblica il turpe sentore del contegno scandaloso.
Francesco Giuliano
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