Il giornalista Pietro Greco, autore del famoso dizionario asimmetrico dei concetti scientifici di interesse filosofico, dal titolo Einstein e il ciabattino (Editori Riuniti), recentemente ha pubblicato “Mezzogiorno di scienza – Ritratti d’autore di grandi scienziati del Sud” (Dedalo – Nuova Biblioteca Dedalo, 2020), dove raccoglie <<le storie di 14 donne e uomini nati nel Mezzogiorno tra Settecento e Novecento e che hanno svolto attività scientifica in maniera particolarmente brillante>>, il cui estro è il paradigma di una risorsa scientifica che non andrebbe dimenticata.
Sono le storie raccontate, salvo quella dell’autore dell’opera, da divulgatori scientifici che a loro volta sono meridionali. <<Molti illustri scienziati degli ultimi due secoli sono nati nel Mezzogiorno, da Dulbecco a Majorana: Miseria e nobiltà, verrebbe da dire, con Eduardo Scarpetta. Esiste una sterminata letteratura sulla storia del Mezzogiorno e sul suo essere perennemente in bilico tra modernità e arretratezza. […] una testimonianza di come gli uomini di scienza nati nel Mezzogiorno hanno saputo legare strettamente le loro terre e la loro attività all’Italia, all’Europa e, sempre più, al resto del mondo. Non c’è, ovviamente, una scienza del Mezzogiorno. C’è però l’attività scientifica di donne e di uomini del Mezzogiorno che è parte, a pieno titolo, della scienza italiana ed europea. […] Della scienza realizzata in Campania o da campani, in Puglia o da pugliesi, in Sicilia o da siciliani si parla troppo spesso come di un fatto autonomo se non marginale. Non è così. […] gli scienziati del Mezzogiorno non solo fanno parte a pieno titolo della storia della scienza italiana – anzi, della storia universale della scienza – ma hanno partecipato in maniera intensa alla vita culturale, sociale e politica dell’Italia e dell’Europa. […] All’inizio dell’Ottocento, sull’onda della Rivoluzione francese e dell’Illuminismo, erano nate a Napoli istituzioni di grande valenza scientifica: il Real Museo Mineralogico, il primo in Italia (1801), l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte (1812), l’Osservatorio Vesuviano, il primo centro di vulcanologia al mondo (1841). Ma nel resto del Mezzogiorno la mancanza di strutture era drammatica. […] All’indomani dell’Unità d’Italia, su venti università presenti nel Paese, solo quattro sono nel Mezzogiorno: tre in Sicilia (Palermo, Catania, Messina) e una a Napoli. Di qui la contraddizione di cui parlava, intorno alla metà degli anni ’20, Antonio Gramsci: il Mezzogiorno come enorme disgregazione sociale, puntuata però dalla presenza di grandi intellettuali (scienziati compresi). Gran parte dei problemi presenti prima e dopo l’Unità d’Italia li ritroviamo, in forme diverse ovviamente, ancora oggi. Il Mezzogiorno continua ad avere la capacità di dare i natali e di formare un insieme abbastanza vasto di “grandi intellettuali” (scienziati compresi) pur in un quadro di perdurante inadeguatezza delle strutture istituzionali. Le sue università continuano a lamentare carenze strutturali>>. Tant’è che molti giovani laureati sono, oggi più che mai, costretti per lavorare a trasferirsi al Centro e al Nord dell’Italia, ma quel che dispiace è che vengono perdute le migliori menti a beneficio di Stati stranieri – europei e USA – che non hanno speso neppure un centesimo di denari per la loro formazione professionale (v. La ricerca, Aracne editrice, 2018). E dove assumono ruoli di fondamentale importanza e di primaria responsabilità nella ricerca scientifica, come viene evidenziato soprattutto dalle loro interviste che vengono rilasciate in questo periodo di pandemia Covid-19. Quanti medici, fisici, chimici, ingegneri, economisti provengono dal Sud dando lustro allo Sato italiano che ha fatto ben poco, a partire dal 1861, per risolvere l’annosa questione meridionale. Il fenomeno riguarda tutto il panorama culturale, ma soprattutto quello scientifico perché la scienza è il primum movens, quel che Aristotele intendeva come primo motore, che costituisce la prima causa dell’evoluzione della nostra società e della nostra economia. <<Perché allora interessarsi solo di scienza e scienziati del Mezzogiorno? Per un semplice fatto: viviamo nella società della conoscenza. E, dunque, nell’economia fondata sulla conoscenza. Molti sostengono che siamo nel pieno della terza grande transizione nella storia dell’economia di Homo sapiens. Dopo quella di dieci millenni fa o giù di lì, dalla raccolta e dalla caccia all’agricoltura e all’allevamento, dopo quella di un paio di secoli fa, con l’avvento dell’economia industriale, eccoci a un nuovo passaggio, verso la società e l’economia fondate sulla conoscenza. Questa nuova èra che si affaccia, in maniera sempre più potente, cammina, come sottolineava il sociologo Luciano Gallino, su due gambe: la produzione senza fine di nuova conoscenza scientifica e la trasformazione incessante delle nuove conoscenze scientifiche in tecnologie. Certo, molte sono, per dirla con il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, le promesse infrante della società e dell’economia (globalizzate) della conoscenza. Mai il mondo è stato così ricco, ma allo stesso tempo così pieno di disuguaglianze. Per questo motivo c’è bisogno, sempre più urgente, di pensare a una società democratica della conoscenza. Ma per fare questo, per fare in modo che quella della conoscenza diventi una società democratica, c’è bisogno di più scienza, non di meno scienza. La società democratica e l’economia solidale della conoscenza sono uno dei pochi – se non l’unico – strumento che ha oggi il Mezzogiorno d’Italia per uscire fuori dalle sue rinnovate difficoltà>>. Ecco allora i nomi dei magnifici quattordici scienziati le cui vicissitudini vengono narrate in questo libro: il botanico napoletano Domenico Cirillo (1739 – 1799 – rivoluzionò il concetto di riproduzione dei vegetali); lo zoologo napoletano Oronzo Gabriele Costa (1787 – 1867); il chimico siciliano Stanislao Cannizzaro (1826 – 1910 – il cui pensiero segnò il passaggio dalla chimica classica alla chimica contemporanea); la chimica napoletana Maria – Marussia – Bakunin (1873 – 1960 – ricercatrice in campo fotochimico); il matematico siciliano Mauro Picone (1885 – 1977 – importò il primo calcolatore elettronico); il chimico siciliano Domenico Marotta (1886 – 1974 – pensò di creare un’industria farmaceutica pubblica); il chimico napoletano Francesco Giordani (1896 – 1961); il matematico napoletano Renato Caccioppoli (1904 – 1959 – approfondì gli studi sull’analisi funzionale); il fisico catanese Ettore Majorana (1906 – 1938) scomparso misteriosamente); la biochimica napoletana Filomena Nitti Bovet (1909 – 1994; Nobel mancato); il medico calabrese Renato Dulbecco (1914 – 2012); il geologo e ingegnere napoletano Felice Ippolito (1915- 1997); il fisico napoletano Eduardo Caianello (1921- 1993 – diede sviluppo alla cibernetica); il matematico pugliese Ennio De Giorgi (1928 – 1996).
Francesco Giuliano
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