L’autore Hugh Aldersey-Williams è un chimico, la cui originalità descrittiva emerge dalle sue pubblicazioni e dalla sua collaborazione con importanti testate giornalistiche statunitensi. Egli svaga e si diverte, infatti, a spaziare nella letteratura e nell’arte, dimostrando in tal modo la sua ampia cultura poliedrica che non teme gli steccati ideologici e confessionali che caratterizzano l’umanità frazionandone i comportamenti.
In questo saggio, Favole Periodiche – Le vite avventurose degli elementi chimici (BUR, 2020), che in Italia è già alla sua ottava edizione, l’autore prende in esame in modo minuzioso, aneddotico e storico la tavola periodica – quel che chiama a ragione il pantheon chimico -, che un po’ tutti gli studenti delle scuole medie superiori hanno visto appesa nelle aule scolastiche o nei laboratori scientifici. A prima vista questa tavola suscita spontanea attrazione, creata a sua volta da un’istintiva sensazione bizzarra volta ad un profondo significato in essa latente e, quindi, tutto da scoprire. Essa desta, infatti, come quando si incontra una bella donna, grande fascino, forte curiosità e sublime immaginazione per l’inesauribile miniera di informazioni, di scoperte, di storie umane e di noti moti rivoluzionari che hanno stravolto l’assetto sociale precedente. Una tavola di forma quasi rettangolare divisa in tanti quadrati, dentro ciascuno dei quali c’è la sintesi profonda ed estrema di una singolare storia dell’evoluzione dell’uomo, affascinante, emozionante e coinvolgente: la vita di ogni elemento chimico viene magnificata come se fosse un dio della mitologia greca. L’autore, infatti, scandagliando nei meandri storico-geografici e peculiari degli elementi ne descrive, infondendo notevole ammirazione e tracciando orma euristica, le vicissitudini di ciascuno di essi dandone carattere vitale, dinamico e passionale. In effetti, l’autore esamina ogni elemento delineandone il profilo, la personalità, la biografia, gli aspetti per certi versi leggendari. In alcuni casi, infatti, prende in rassegna quegli elementi che infondono un alone di deità come, ad esempio, il mercurio collegato alla dinastia cinese Qin del III secolo a.C. e alla tomba funeraria dell’imperatore Qin Shi Huang non ancora scoperta nei pressi di Xi’An; descrive anche quelli che destano curiosità come il meteorite di ferro, il Willamette, esposto all’Hayden Planetarium dell’American Museum of Natural History di New York di 15 tonnellate e dalle dimensioni di una piccola auto, reso lucido dai visitatori che lo hanno toccato durante un secolo di esposizione; sottolinea pure il primato ottenuto da alcuni ricercatori come lo svedese Glenn Seaborg che è stato l’unico chimico a scoprire, in soli 10 anni, cinque elementi: plutonio, curio, americio, berkelio, californio; tratteggia inoltre gli interessi nei vari campi produttivi, politici, religiosi dell’intera umanità descrivendo gli usi vantaggiosi o quelli nocivi come gli elementi radioattivi che agiscono sui livelli più profondi dell’essere umano: il midollo osseo, il DNA, la struttura genetica, gli organi interni e le emozioni più profonde. Tutto viene finalizzato a far comprendere, in particolar modo al grande pubblico, l’importanza di ciascuno degli elementi, anche di quelli meno conosciuti o ignoti, privilegiandone gli aspetti culturali che hanno influito, in generale, sulla storia umana modificandone probabilmente il percorso e che hanno inciso, in particolare, sulle vicende umane dei chimici direttamente coinvolti, a volte piacevoli, a volte drammatiche. E a far comprendere che la scoperta di alcuni elementi chimici sia avvenuta per serendipità o che essa abbia influito sul cambiamento di alcune consuetudini umane (ne è un esempio il platino che ha determinato il passaggio dall’orologio da taschino a orologio da polso) o, ancora, che abbia permesso la creazione di modelli di riferimento (come il citato platino scelto, grazie alle sue proprietà, per la realizzazione dei campioni standard del chilogrammo e del metro, conservati al Museo di Sèvres). Dimentico della loro peculiarità e del loro raggruppamento in famiglie, l’autore, infatti, dispone e classifica gli elementi chimici in cinque settori secondo regole, che hanno influenzato i comportamenti umani, avulse dalla descrizione delle proprietà fisico-chimiche: potere (oro, platino, mercurio, ferro, afnio, plutonio, carbonio, magnesio, tungsteno, ecc.); fuoco (zolfo, fosforo, cloro, ossigeno, radio, sodio, tallio, elio, ecc.); arti e mestieri (stagno, rame, piombo, argento, zinco, alluminio, calcio, titanio, niobio, tantalio, ecc.); bellezza (cadmio, bismuto, arsenico, nichel, cromo, cobalto, arsenico, cromo, vanadio, neon, antimonio, ecc.); terra (stronzio, terre rare, tungsteno, ecc.). Ed è per queste sue specificità che il libro può essere letto soprattutto da coloro che non hanno dimestichezza con la chimica o che sono stati indotti a pensare che sia una scienza difficile. Un libro divulgativo, dunque, che fa onore allo scopritore della legge periodica degli elementi: il chimico russo Dmitri Ivanovič Mendeleev che, nel 1869, per presentare con chiarezza e semplicità ai suoi studenti i 63 elementi, noti fino ad allora, li raggruppò in modo sistematico nella tavola periodica usando i pesi atomici e le affinità chimiche. Nel 1906, gli venne negato ingiustamente il premio Nobel per la chimica, ma ebbe il legittimo riconoscimento circa cinquant’anni dopo la sua morte, quando nel 1955 fu attribuito il suo nome al 101° elemento, il Mendelevio, simbolo Md (appartenente alla serie degli Attinidi), scoperto dal chimico statunitense Glenn Seaborg e altri. La tavola periodica del chimico russo in quel tempo ebbe molti chimici avversi che, in seguito alla scoperta del gallio (1875) da parte del chimico francese Lecoq, a quella dello scandio (1879) da parte del chimico svedese Lars Nilson e a quella del germanio (1886) da parte del chimico tedesco Clemens Winkler, furono ridotti al silenzio. Per queste scoperte Lecoq, Nilson e Winkler, infatti, vennero dichiarati “confermatori della legge periodica”. Ma le conferme non si esauriscono qui. Il chimico russo Yuri Oganessian, direttore dell’Istituto per la Ricerca Nucleare di Dubna, scrisse in un suo studio che il nuovo elemento con numero atomico 117 se avrà le proprietà di un alogeno, confermerà il genio di Mendeleev. E così è stato tant’è che tale elemento sintetico, scoperto nel 2010, si trova nel settimo gruppo – quello degli elementi alogeni – con il nome di Tennesio, simbolo Ts.
Francesco Giuliano
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